15 marzo 2023

SANITA & SALUTE: L'epidemia di droga in Italia

 


Visto che quotidianamente ascoltiamo e vediamo accadere cose molto spiacevoli dove l'assunzione di una qualche droga (in senso generale, tutte le droghe) è la responsabile principale di quelle pessime conseguenze, ci sembra corretto, soprattutto per i giovani, far conoscere qualche "dettaglio" per inquadrare queste sostanze e qualche numero sul loro uso per sottolineare la follia del loro consumo. I due articoli a seguire sono due capitoli del libro di Silvio Garattini: Lunga vita. Quello che devi sapere su salute, vaccini, dieta e farmaci" Sperling & Kupfer, 2017 dove vengono evidenziate alcune caratteristiche della Cannabis, il suo uso terapeutico e i suoi problemi per passare poi alla descrizione dell'"epidemia" di droga che sta attraversando la nostra comunità nazionale.





Cannabis terapeutica: servono studi seri prima di dire sì

Si diffonde nell’opinione pubblica l’idea che la marijuana (Cannabis) sia dotata di effetti terapeutici. Ben vengano, perché anche per altre droghe, più o meno leggere, l’utilizzo medico è stato ben stabilito (pensiamo alla morfina per il trattamento del dolore). Ma il dilemma è sempre lo stesso: quando vengono prospettate nuove forme di terapia, è necessario stabilire reali evidenze dei benefici e degli effetti tossici concomitanti. Se si tratta di principi attivi, la normativa esiste eccome, e le autorità regolatorie che disciplinano l’approvazione dei farmaci, l’EMA in Europa e l’AIFA in Italia, lavorano per esprimere giudizi e raccomandazioni riguardo a controindicazioni, dosi e tempi di somministrazione.

Il problema si pone in termini assai diversi quando, com’è avvenuto in alcune regioni, si autorizza l’impiego della Cannabis per scopi medicali. Si tratta di una serie di infrazioni non solo rispetto alla legge, ma anche al buon senso, perché le patologie a cui si potrebbe rivolgere questa applicazione sono le più disparate. Si impiega soprattutto per placare il vomito indotto dalla chemioterapia, per contrastare il deperimento dei pazienti con AIDS in stato avanzato, nel trattamento del glaucoma, della malattia di Crohn e di Alzheimer. Ma dove stanno le prove scientifiche del beneficio di tali utilizzi? In molti casi navighiamo nell’ambito delle impressioni e dell’aneddotica, in altri si è comunque ben lontani dalla documentazione richiesta per un’autorizzazione alla prescrizione.

È necessario produrre studi clinici rigorosi. Inoltre, se la terapia in questione si traduce nell’uso di una «sigaretta», sarebbe il primo caso di farmaco somministrato attraverso questa singolare via. E poi non dimentichiamo che la Cannabis non è priva di effetti tossici, e che l’abitudine a fumarla si accompagna a dipendenza, capace, come sappiamo, di creare problemi nel momento in cui si desidera smettere.

Insomma, se affermiamo che la Cannabis contiene principi sfruttabili in ambito terapeutico, non cerchiamo scorciatoie: seguiamo le vie del metodo scientifico per valutarne in modo obiettivo i possibili benefici.

In buona sostanza, ben venga la Cannabis e il suo principio attivo (il tetraidrocannabinolo), se può veramente giovare agli ammalati, purché gli studi che ne devono confermare l’efficacia e la sicurezza siano rigorosi, oltre che condotti, come impone la procedura sperimentale, purtroppo non sempre seguita dalle autorità regolatorie, stabilendo un confronto con i farmaci già in commercio per le medesime indicazioni.

Diverso è invece il discorso per l’uso voluttuario, ricreazionale. Intanto, parliamo di un prodotto che non è più quello di una volta: oggi la pianta, opportunamente modificata, contiene un livello di principio attivo assai superiore rispetto al passato. Detto questo, la discussione tra droghe leggere e pesanti non ha più molto senso: tutto, infatti, dipende dalle dosi e dal tempo di abuso. D’altra parte, il cosiddetto «spinello» non è privo di effetti tossici: è certamente cancerogeno (per il significativo contenuto di idrocarburi policiclici), e secondo alcune ricerche, data la sua preparazione artigianale, lo sarebbe assai più delle sigarette. Inoltre, è indubbio che la Cannabis abbia marcati effetti sul sistema nervoso centrale, altrimenti non verrebbe sfruttata come droga.

I tetraidrocannabinoidi sono in grado di superare la barriera emato-encefalica e di penetrare quindi nel cervello, dove si agganciano ad almeno due tipi di recettori (le «antenne» dislocate sulla superficie delle cellule), a loro volta destinati a interagire con vari mediatori chimici cerebrali. I tetraidrocannabinoidi disturbano queste reazioni biochimiche sostituendosi alle sostanze naturalmente presenti nel nostro organismo. Non sorprende, quindi, che fumando lo «spinello» compaiano, accanto a una serie di sensazioni «piacevoli», anche reazioni di disinteresse nei confronti dell’ambiente, apatia e allucinazioni. Parecchi studi condotti in vari Paesi, dall’Australia alla Svezia, segnalano un aumento dei disagi psichiatrici – sindromi depressive, fino alla schizofrenia e ai disturbi d’ansia – tra i giovani, il cui cervello sta ancora completando il proprio sviluppo, e anche se prima di iniziare a fumare non accusavano il benché minimo problema psichico.

Il suo impiego è assolutamente controindicato per chi governa apparecchiature e macchine operatrici: chi sarebbe tranquillo all’idea di venire scorrazzati in taxi o in aereo da autisti e piloti dediti allo spinello?

Non va infine dimenticato che la Cannabis costituisce un’anticamera per l’impiego di altre droghe.

La legalizzazione certo non avvantaggia la salute delle giovani generazioni. Invece di agire con una maggiore regolamentazione delle droghe legalizzate – alcol e tabacco –, si vuole mettere a disposizione lo spinello per tutti. Il risultato, almeno in un primo momento, sarà che l’uso della Cannabis conoscerà una drastica impennata, come si evince dall’analisi delle acque fognarie di Amsterdam (dove la droga è liberalizzata), che tra tutte le città europee sono quelle che contengono le maggiori concentrazioni di tetraidrocannabinolo.

Un’ulteriore, amara considerazione: l’obiettivo encomiabile e condivisibile di piegare la criminalità organizzata che manovra il business delle droghe non sarà affatto raggiunto, perché in termini economici la Cannabis è soltanto uno, e nemmeno il maggiore, dei prodotti del mercato clandestino. Un piccolo tassello nel gigantesco puzzle delle droghe. Non va infatti trascurata la possibilità che, con il tempo, il venir meno della trasgressione rappresentata dalla marjuana orienti sempre di più chi ne fruisce verso l’uso di altre droghe, appunto, più trasgressive.

C’è un altro argomento sottaciuto: la necessità di reperire fondi per la nostra economia così depressa. Infatti, la legge per la legalizzazione di questa droga prevede che il prezzo della Cannabis di Stato debba includere almeno il 75% di tasse, il che permetterebbe di raccattare qualche miliardo di euro. Ecco dove risiede il vero interesse: la salute di chi si droga scivola bellamente in secondo piano. Con quale forza lo Stato italiano potrà poi sostenere che la droga fa male? Come potrà aiutare i giovani a evitare questa ennesima schiavitù, dopo le catene alle caviglie imposte dal tabagismo? Legalizzare la Cannabis è un errore. La premura dev’essere, invece, un’altra: dovremmo preoccuparci soprattutto di educare i giovani a non cedere alla schiavitù della droga e a orientare i loro interessi verso i valori della solidarietà, della cultura e dello sport. Mondi eccitanti ed esaltanti che non richiedono la creazione di paradisi artificiali. La legalizzazione della droga è un cattivo servizio che rendiamo ai nostri ragazzi. E che rischia paurosamente di rivelarsi una compensazione alla disoccupazione e all’incertezza per il futuro. La maniera più efficace per sconfiggere la criminalità legata al mercato degli stupefacenti non è la legalizzazione della Cannabis ma la libertà dalle droghe.


                 Un’epidemia chiamata droga

Visto che abbiamo toccato l’argomento, è utile approfondire il focus su questi «farmaci», o principi chimici attivi, per scopi voluttuari. Intendo sia le droghe illecite, sia quelle legalizzate, come alcol e tabacco.

Alcune ricerche condotte proprio dall’Istituto Mario Negri, ed effettuate sui liquidi fognari nei pressi dei depuratori di varie città italiane, parlano chiaro: esiste un’importante e allarmante diffusione delle droghe.

L’osservazione è stata resa possibile dalla misura, specifica e sensibile, delle concentrazioni dei metaboliti – i resti di ciò che è stato consumato – delle varie sostanze stupefacenti. Si calcola che a Milano si sia giunti a utilizzare fino a 10.000 dosi giornaliere di cocaina, e l’impiego nel weekend aumenta a oltre 15.000 dosi. Le quote di Cannabis sono oltre 30.000 al giorno, e migliaia quelle di eroina. Le amfetamine sono in grande impennata in questi ultimi tempi, anche perché costano meno della cocaina.

La possibilità di misurare i consumi permette di capire dove si orienta l’impiego delle varie droghe, di scoprire rapidamente l’utilizzo dei nuovi stupefacenti e, soprattutto, di stabilire se interventi repressivi o educativi raggiungono l’obiettivo prefissato.

Difficile capire da che cosa dipenda questa vera e propria epidemia delle droghe. Sembra essere dovuta a una forma di contagio – sì, contagio – che si propaga seguendo una specie di moda incosciente, di emulazione dovuta al «così fan tutti», che spesso trova riferimento nel mondo dell’arte, dello spettacolo, della canzone o degli «idoli».

Una società opulenta che ha risolto i principali problemi materiali della vita quotidiana sembra voler evitare la noia del benessere cercando nuove emozioni, nuove sensazioni, nuove trasgressioni. Un tempo la trasgressione giovanile era rappresentata dal sesso, oggi diventato meno attraente per certi versi, vista l’offerta massiccia…

Per tante persone la droga sembra essere diventata una necessità legata alle difficoltà, alle delusioni, alle insoddisfazioni dell’esistenza. Lo stress (sempre invocato quando non si hanno sotto mano altri termini), la fatica del lavoro che si prolunga oltre i normali orari, la necessità di resistere alle lunghe notti delle discoteche o delle feste «obbligate», sono spesso la giustificazione che viene comunicata alle domande dei sondaggi.

Tutto questo, naturalmente, è facilitato dalla grande disponibilità delle droghe, acquistabili a tutti gli angoli delle strade. L’abbassamento dei prezzi, inoltre, agevola parecchio l’impiego e la diffusione degli stupefacenti. Ma pure le informazioni sui danni arrecati da queste sostanze, comprese le droghe chiamate «leggere», sono alla portata di tutti, e diventa ormai quasi noioso e banale continuare a ripeterli.

La nuova moda non si accontenta dei singoli prodotti, ma li associa fra loro per amplificarne gli effetti. È noto, per esempio, che cocaina e alcol etilico formano nel fegato un nuovo composto chimico che transita più facilmente attraverso la barriera emato-encefalica – quella sorta di «cordone sanitario» naturale che isola e tutela il cervello) – e produce effetti più potenti della sola cocaina; i poteri cancerogeni del fumo e dell’alcol si alleano perfidamente, moltiplicando le probabilità di sviluppare tumori a carico della bocca e del tratto digerente superiore; alcol, Cannabis e tranquillanti, mescolati, generano una forte sedazione; l’atropina, spesso utilizzata per «tagliare» la cocaina, ne potenzia gli effetti, qualche volta con esito fatale.

Non esistono droghe «leggere». Esistono diversi tipi di droga, ciascuna col suo pesante fardello di effetti tossici. E per quanto riguarda la Cannabis, si può ragionevolmente concludere che rappresenta un fattore di rischio importante per lo sviluppo di psicosi o di sintomi schizofrenici nei giovani, effetto drammatico che emerge solo a distanza di tempo.

Lo scenario che s’intravede è cupo: con ogni probabilità, il persistente uso di Cannabis porterà alla crescita delle malattie mentali nella nostra società; affezioni che richiederanno un aumento inevitabile di cure psichiatriche.

Di fronte a questa minaccia occorre continuare a diffondere un’informazione corretta ed esaustiva, ma anche a esprimere riprovazione morale, anziché assecondare un’atmosfera di comprensione.

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