07 maggio 2025

L'ANCIENNE SARZANA: PIAZZA CALCANDOLA a Sarzana

La lapide toponomastica che ricorda l'origine antica di piazza Matteotti a Sarzana. Da notare il motivo ornamentale dei fli elettrici)
 

Ogni sarzanese conosce il Calcandola, lo ha frequentato magari da ragazzino, lo ha attraversato in mille modi, lo ha visto pieno e bramoso di uscire (pare che sia tracimato più di una volta dal proprio alveo) oppure osservato in secca perenne dai brevi ponti che lo sovrastano, occupato da prati d'erba e fitti arbusti incolti.



Ma il Calcandola, in fin dei conti, è un esule di Sarzana, rappresentando, fin dal medioevo una sorta di cittadino malvoluto, di non desiderato proprio per la sua veemenza torrentizia e la sua sfortuna di non potersi assuefare, abituare ai capricci e ai desideri di una cittadina che cominciava a diventare adulta. Era evidente che un altro ripudiato come Dante Alighieri si dovesse trovare proprio alle sue rive e, pensando al suo amato fiume Arno mentre si adoperava per la pace tra Malaspina e il Vescovo di Luni, scuotesse la testa per la propria condizione non sapendo che di li a poco anche il Calcandola sarebbe stato scacciato dal suo letto, fuori da quel centro storico che aveva aiutato a formare.


PIAZZA CALCANDOLA 

da Piazza della Calcandola di Roberto Ghelfi (Corriere Apuano)

da Sarzana di Chiara Parente (meer.com)

Un itinerario attraverso le piazze della Lunigiana storica non può che iniziare con piazza della Calcandola (oggi Piazza Matteotti). È ancora oggi la più importante di Sarzana e Bonaventura De Rossi all’inizio del Settecento così la descriveva: “Nella qual piazza – si puol dire un continuo Mercato, e grande smaltimento di ogni cosa, e massime de comestibili”.

Dante Alighieri da Firenze si trovava proprio in quel luogo la mattina del 6 ottobre 1306 dove riceveva la procura per trattare, con il vescovo di Luni, la pace detta di Castelnuovo. Un atto notarile, custodito all’archivio di Stato di La Spezia e composto da sette bifogli in carta cellulosa scritti in recto e in verso, prova che Dante il 6 ottobre del 1306 incontrò in Platea Calcandola, ora Piazza Matteotti, il marchese Franceschino di Mulazzo – a sua volta agente a nome di Moroello di Giovagallo e Corradino di Villafranca, membri del ramo nobiliare dello “Spino secco” e il notaio sarzanese Giovanni di Parente di Stupio. Il legale aveva il compito di affidare all’Alighieri il Mandatum, ossia la procura plenipotenziaria, registrata nella prima tabula del cartulario notarile, per concludere la trattativa di pace fra i Malaspina e il Vescovo Conte di Luni, Antonio di Nuvolone da Camilla, protetto dai Fieschi, Conti di Lavagna. L’ Instrumentum pacis, ratificato a Castelnuovo Magra nello stesso giorno dal legato Dante Alighieri per conto dei nobili Malaspina, poneva fine alla complicata controversia che, alimentata da uno stato di faida e di guerre, si protraeva ormai da anni tra le parti in causa.




Una lapide collocata all’ingresso del Palazzo comunale commemora il sesto centenario (1906) del passaggio di Dante da Sarzana. Il testo fu dettato da Achille Pellizzari, eccetto la chiusa finale “Orma di Dante non si cancella” aggiunta da Giovanni Pascoli".

                                        

Una foto d'epoca(siamo ai primi del '900) di
piazza Vittorio Emanuele (già piazza Calcandola). 

 Il nome della piazza deriva dal torrente Calcandola che, ancora sul finire del XII secolo, l’attraversava in direzione ovest. Alcuni documenti del Codice Pelavicino ci permettono di delineare il progressivo allontanamento del corso d’acqua, definitivamente avvenuto tra il 1270, quando passava ancora dietro la curia porticata del vescovo Guglielmo, ed il 1330. Una rubrica degli Statuti formulati in quella data parla di un possibile ampliamento di Sarzana che suggerisce la deviazione del torrente nella posizione attuale.

Il primo nucleo di Sarzana chiamato Ymo Burgo (il Borgo Basso o Borgo Vecchio) possedeva le due pievi di Sant’Andrea e di San Basilio (futura Cattedrale di Santa Maria). Era formato da insediamenti sparsi, collocati sui nodi stradali della rivierasca del torrente Calcandola da un lato e sul ciglio del deposito alluvionale del torrente Rigoleto dall’altro. Ben presto si era popolato con profughi giunti da Luni, signori di domini venuti dai castelli vicini e gente che si era trasferita con loro o ne era fuggita. Dalla metà del XII secolo Sarzana entrò in una fase di grande espansione. L’insediamento, allora racchiuso in un rettangolo con l’asse maggiore adiacente al presbiterio della pieve di Sant’Andrea, era percorso dalla Via Francigena, forse l’attuale via Rossi. 


Sant'Andrea (anni '50-60) prima degli ultimi restauri

Percorrendola il pellegrino medievale incontrava la seconda pieve di Sarzana, dedicata al primo vescovo di Luni, Basilio, e l’oratorio della Misericordia. Quest’ultimo, detto anche del Crocifisso, sembra essere stato costruito nel Mille. Ampliato nel ‘200 e rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, attualmente ospita il Museo Diocesano.".

                                                     

L'oratorio della Misericordia in una
rara immagine del 1956

Sin dal 1163 l’ampio slargo irregolare,  delimitato a sinistra dal vecchio corso del Calcandola, grazie al privilegio concesso da Federico I Barbarossa ai Consoli ospitava il mercato settimanale, il solo nella Lunigiana con libertà di commercio garantita e dunque foro civile e commerciale che dal 1468, quando i Campofregoso, allora signori della città, consegnarono Sarzana ai fiorentini, ospitò anche il palazzo comunale. Per questo scopo fu acquistato un fabbricato prospiciente la piazza ma fu ristrutturato solo parzialmente. Nel 1472 il capitano fiorentino, comprendendo che l’edificio iniziato non sarebbe stato sufficiente ad ospitare degnamente lui e la sua guarnigione, propose di costruirne uno nuovo e quel tratto dell’antica Francigena che passava attraverso la piazza del mercato, dividendola in due parti, gli sembrò il luogo più adatto. Il progetto dell’opera fu affidato all’architetto Giuliano da Maiano (1432-1490) che iniziò i lavori proseguendoli fino al 1479. In quella data Agostino Fregoso, con un colpo di mano riprese il possesso di Sarzana, provocando la guerra tra Genova e Firenze, detta anche di Sarzana, combattuta tra il 1484 ed il 1487. I Fiorentini riconquistarono la città che, tuttavia, nel 1495 tornò definitivamente sotto Genova.


Il palazzo comunale o palazzo Roderio (1554)
in una foto dei primi del '900 (da notare la fontana che ha sostituito il pozzo di piazza Calcandola)

 I lavori del Palazzo comunale ripresero soltanto nel 1550 con il progetto dell’architetto genovese Antonio Roderio. Completati nel 1554 lasciano a Sarzana un’impronta piuttosto chiara del gusto architettonico in uso a Genova in quel periodo. Lo attesta ancora l’impianto della scala principale dell’edificio perché l’esterno, soprattutto nell’800, fu rimaneggiato.


1890-Una foto dello scalone interno di palazzo Roderio

Nel 1500 il Banco di San Giorgio decise di collocare nel mezzo di piazza della Calcandola un simbolo del suo potere. Si trattava di una colonna sormontata dal gruppo marmoreo raffigurante San Giorgio e il drago. 



Opera dello scultore Matteo Civitali (1436-1507), rimase in quel luogo fino al 1797, oggi perduta, è nota solo attraverso un disegno, dello stesso artista, pubblicato dallo storico Achille Neri nel 1877. Le piazze, si sa, sono il luogo ideale per collocare monumenti.

L’antica colonna genovese, infatti, è oggi rimpiazzata dal monumento ai Caduti, inaugurato l’8 luglio 1934, opera dello scultore sarzanese Carlo Fontana (1865-1956). 

Un'immagine del monumento ai caduti negli anni '30

Il palazzo di famiglia, che conserva nell’atrio i bozzetti delle sue opere, si trova nella palazzata meridionale della piazza. Si dispone quasi di fronte al grande masso marmoreo che ritrae lo scultore nelle giovanili sembianze del Piave. Al di sopra si libra l’elegante figura della Vittoria alata, dal nervoso disegno liberty, detta anche Procellaria.



Un'immagine odierna del Palazzo Fontana
in Piazza Matteotti
(già Piazza Calcandola)


I palazzi delle più importanti famiglie Sarzanesi occupano i principali nodi della piazza: così all’inizio di via Mazzini, lungo l’antico tracciato della via Francigena, si trovava l’oratorio di San Rocco. È stato distrutto e sostituito da un palazzo novecentesco, ma il luogo ne porta ancora il nome: Canto di San Rocco. 

Una foto dei primi del '900 con il Canto di San Rocco (a destra)e il Palazzo Podestà Lucciardi (a sinistra)

Dall’altro lato, ai primi dell’800, la famiglia Podestà Lucciardi fece costruire l’imponente palazzo neoclassico progettato da Carlo Barabino (1768-1835). Nelle sale del piano terreno trovò spazio, già nell’Ottocento, il Caffè Costituzionale, dirimpettaio rispetto al Gioberti. Situato sull’angolo opposto della piazza all’incrocio con via Bertoloni, oggi non esiste più.


Fine '800-Una piazza Calcandola gremita e sullo sfondo il caffè Gioberti


Ad oriente all’inizio, della strada proveniente da porta San Francesco, che seguendo l’antico tracciato della Calcandola chiude in diagonale l’armonioso vano della piazza si trova palazzo Lucri, già Parentuccelli. Probabile casa natale del pontefice Niccolò V (1397-1455) è adornata con lo stemma di Antonio Maria vescovo di Luni-Sarzana nel 1465.


                         

Un'immagine odierna di Palazzo Remedi. Fu costruito a partire dal quattordicesimo secolo: il marmo che ricopre il pian terreno è ancora quello originario. Tuttavia, anticamente quello che ora ci appare come un corpo unitario, era un portico: le arcate sono state chiuse e vi sono stati inseriti i finestroni con le grate del pian terreno


Dal lato opposto si può ammirare la veste settecentesca di Palazzo Remedi con l’elegante portico tardogotico ornato di foglie d’acanto. È residuo di quella città che l’omogenea superficie dell’intonaco ha, almeno in parte, cancellato. Ai primi del ‘900 la piazza fu adornata di lecci che furono abbattuti nell’anno 2000 quando fu realizzata l’attuale pavimentazione in arenaria.

Una piazza Vittorio Emanuele (già piazza Calcandola)  nei primi del '900 con gli alberi di leccio da poco posti in loco


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