10 giugno 2025

REFERENDUM...ma diamoci un taglio!

 

Premetto subito, a scanso di equivoci, che sono iscritto alla CGIL da più di trent'anni ma vedere usare un referendum per risolvere le controversie all'interno  di un partito è l'ultimo ritrovato per continuare, a sinistra, a rimanere becchi e divisi.



Aveva voglia Landini di spolmonarsi a dire che a lui interessava solamente il cambiamento delle regole sul lavoro e per questo si era impegnato allo spasimo perchè il quorum potesse essere raggiunto. Ma per le anime della cosidetta sinistra, del campo largo o come diavolo volete chiamarlo, il tentativo (molto velleitario, occorre dirlo) di rendere tecnico e banalmente apolitico il referendum non poteva non cozzare contro le anime perverse che dividono il centro-sinistra, nè tantomeno contro coloro che (politici e elettori) nel partito democratico continuano a tirare la carretta verso un centro renziano. In fin dei conti, Landini ha peccato di un poco di ingenuità tentando di modificare, con uno strumento poco affidabile e obsoleto per i nostri tempi grami, una vecchia legge di dieci anni fa, ingiusta e antidemocratica certamente ma oramai acclarata da tutta la sudditanza di una Italia lavorativa incapace e farfallona nel comprendere quanto questa società li stia prendendo per i fondelli. Il risultato è stato che, nella testa vuota degli assenti, una sacrosanta richiesta di cambiamento nelle politiche sul lavoro e sulla cittadinanza è stata percepita, da un lato come una perdita di tempo, dall'altra come una sorta di gara all'interno del centro sinistra e quindi non poteva essere presa in considerazione dalla metà del Paese e dei suoi elettori. Un classico esempio di stare a guardare il dito invece che osservare la luna. 

Un'altro aspetto, poi, riguarda anche la sensazione di molti nel considerare il referendum come un giudizio sull'operato del governo al quale si è sommato tutta la sviolinata di Giorgia Meloni nell'applicare le famose parole di Nanni Moretti :" Mi si nota di più se vengo o se me ne stò in disparte...", usate ad arte nel gioco delle tre carte nel presentarsi al seggio ma rifiutarsi di usare le schede. Rimanere a casa, dunque, o praticare simili arzigogoli è diventato una buona scusa per la pigrizia e l'insipienza di molti italiani che si sono ritrovati giustificati nella loro mancanza di responsabilità. 

Dicevamo poi di uno strumento come il referendum, obsoleto e non più aggiornato. Ecco le parole del prof. Marco Valbruzzi, professore di Scienze Politiche all'Università Federico II di Napoli:

L’idea, che circola nella discussione pubblica nel nostro Paese, è o di abolire del tutto il quorum, soprattutto per i referendum consultivi, che devono non abrogare alcune leggi, affinché il Parlamento prenda posizione su tematiche che emergono dall’opinione pubblica. Credo che però la soluzione migliore, anche perché i costituenti italiani erano stati molto attenti a evitare un conflitto tra le decisioni parlamentari, cioè la sovranità parlamentare, poi la sovranità popolare, sia che i due quorum quello di ingresso, con mezzo milione di firme, e quello di validità debbano, se davvero devono, essere modificati assieme. Se si alza la soglia di ingresso a un milione, a quel punto, deve essere abbassato il quorum di validità. Perché l’Italia ormai è un paese a bassa partecipazione politica, alta disaffezione nei confronti della politica e dovrebbe essere utilizzato come quorum di validità dei referendum almeno l’ultimo dato dell’affluenza alle elezioni politiche del 2022, quando si recò alle urne il 64% degli aventi diritto. Parametrato a quello, oggi avremmo avuto questo referendum valido perché sono andati alle urne 15 milioni di elettori sui 29,5 milioni che nel 2022 si erano recati alle urne per le elezioni politiche".

Un'ultima constatazione, poi, sull'ultimo quesito sulla cittadinanza che, immancabilmente, ha diviso il centro sinistra dimostrando come essere di sinistra per molti sia solo un modo dire o una facciata comoda.  In particolare, il quesito è andato molto peggio di quanto ci si aspettasse, hanno votato contro molte persone, più di 5 milioni, oltre un terzo di quelle che sono andate a votare. 

Ancora il prof. Valbruzzi:" C’è un dato, su cui si incomincerà a riflettere da questa sera, e riguarda la differenza di esito tra i referendum sul lavoro, dove hanno votato sì grossomodo l’88% di coloro che si sono recati ai seggi e il referendum sulla cittadinanza, dove la percentuale dei sì è molto più bassa e per il momento oscilla tra il 65 e il 70%. Questo rende molto complicato il tentativo di costruire un campo largo, una coalizione che tenga insieme tutte le diverse anime del centrosinistra, dove ci sono anche diverse sensibilità sul lavoro, come abbiamo visto, ma anche sui quesiti della cittadinanza”.

In definitiva, ad ascoltare i rilievi a sinistra e della Schlein o di Boccia in particolare, si tenta di far passare argomentazioni e calcoli referendari che lasciano il tempo che trovano se ci si addentra nello specifico dei numeri. Non è questo il problema. Il referendum è stato perso, le leggi non vengono modificate con buona gloria di quanti ne subiranno le conseguenze, accolte poi da lacrime di coccodrillo e da nuovi problemi nella loro vita lavorativa. Ma il corollario che discende da questa prevedibile debacle rimane, dunque, quello di trovare una sinistra realmente unita che diventi credibile per gli elettori alle prossime politiche. Missione per molti versi realmente difficile e inattuabile nel tempo breve se non al prezzo di cambiamenti epocali che da un lato dovrebbero riguardare consistenza e qualità dei vari partiti di questa classe politica ma soprattutto la visione e la mentalità di molti dei loro elettori, sempre di più obnubilati da una società a senso unico, consumistica ed individualista, sempre meno democratica e a tratti razzista, come dimostra il netto rifiuto (da  parte di cittadini di entrambi gli schieramenti) a legalizzare con maggiore velocità (abbiamo la necessità di nuovi lavoratori per mantenere il sistema Italia in efficienza) la presenza di molte persone, già italiane di fatto, siano esse figli o nuovi immigrati che già lavorano e producono per il nostro Paese

In un momento nel quale il governo attuale continua a governare a furia di decreti e controdecreti, irridendo il Parlamento e tirando diritto verso scelte antidemocratiche, il ricorrere a strade come il referendum, così strutturato, non può portare da nessuna parte, ma cambiare questa classe politica conservatrice e a tratti reazionaria può e deve passare attraverso lo strumento democratico delle elezioni. Farsi trovare, come al solito, a metà del guado e magari in cattiva compagnia, sarebbe l'ennesima riprova dell'inadeguatezza di una sinistra perennemente alla ricerca di se stessa.

Giorgio Giannoni

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