06 luglio 2025

GIANNI ALEMANNO: Dei diritti e delle pene (e della sinistra) di Giorgio Giannoni

 

Riprendo con una certa disillusione la lettera che il sig. Gianni Alemanno, già sindaco di Roma e tutt'oggi in prigione nel carcere romano di Rebibbia, ha inviato alle alte cariche dello Stato per evidenziare la situazione precaria e terribile nella quale i detenuti, lui compreso, sono costretti a vivere nel trascorrere della durata delle loro pene.



Lo faccio con spirito di buonsenso perchè leggendo molti commenti riportati sulle pagine facebook di mio fratello, si sprecano gli interventi, ottusi e rigidi di soddisfazione, che molte persone compiono nella banale e fuorviante logica di considerare Gianni Alemanno un detenuto, meritevole non solo di trascorrere la giusta pena detentiva (e fin qui nulla da eccepire) ma anche di dover subire, sulla propria persona, le drammatiche condizioni esistenziali delle carceri italiane che, da tempo immemore, sono diventate veri luoghi di penosa, indicibile  permanenza contro ogni ragione umana e civile. E' di oggi la notizia della trentasettesima vittima di suicidio in carcere dall'inizio dell'anno, a testimonianza che le parole di Alemanno toccano un problema reale ed inconfutabile, comune, poi, non solo ai carcerati ma anche alla stessa Polizia carceraria. 

Visti i commenti di parecchie persone sul web, si può notare, allora, come la lettura di queste righe pare non illuminare la reale portata del problema e, come accade di solito, si osserva, si urla, si biascicano insulti verso il dito, mentre la luna osserva imperterrita lo svolgersi degli eventi, lontana dalla percezione di molti. Che Alemanno sia una persona di destra, che si sia, da sempre, definito neo-fascista è un dato di fatto che la sua biografia spiega al meglio, ma acclarato il suo reato (Gianni Alemanno è detenuto a Rebibbia dal 31 dicembre 2024 per non aver rispettato gli obblighi che gli erano stati imposti dai giudici di sorveglianza dopo la condanna definitiva per influenze illecite) e preso atto della sua importante denuncia perchè mai dovremmo ignorarne i contenuti? Perchè dovremmo dimenticare la terribile vita dei detenuti in Italia solo perchè è un neofascista a parlarne? Perchè dovremmo coprirlo d'insulti, oggi, che sta comunque espiando le sue malefatte?

Evidentemente perchè essere contro qualcosa e qualcuno, in Italia, è più facile che tentare di risolvere i seri problemi del Paese. Io credo che la presenza di facebook abbia notevolmente peggiorato i già pessimi rapporti degli elettori con i propri rappresentanti e dunque avere una tribuna da dove sia possibile, in maniera semplice e banalmente efficace, dare sfogo alle proprie visioni, ai propri odi personali permette quell'estatico raggiungimento di una soddisfazione personale,un sorta di godimento senza se e senza ma, senza mediazioni o ragionamenti. 

Il bello di questa constatazione è dover prendere atto che tali persone siano agitate da un inconscio prevaricante e incontrollabile, regredendo di fatto a quella situazione di confronto semplice ed immediata fatta di insulti, di urli, di spintoni ancorchè elettronici e la povera coscienza ragionativa viene messa da parte proprio da coloro che, essendo di sinistra per scelta cosciente, dovrebbero essere in grado di porre la questione su binari di confronto e di valutazione per arrivare a conclusioni di un certo valore. 

Nel caso tutto ciò non fosse chiaro vi rimando al solito post che dovrebbe permettere di comprendere cosa voglia dire essere di sinistra perchè i comportamenti di contrasto e di lotta avevano un senso durante la Resistenza, nella costruzione della Repubblica, in una certa radicalità costruttiva che avrebbe dovuto essere mantenuta negli anni più vicina a noi ma che oggi, in una società opulenta, remissiva, godereccia e individualista, pare essere evaporata proprio lungo i corridoi della Rete e sostituita da banali e inutili insulti. Oggi, essere di sinistra, trova la sua logica nella strenua difesa della Costituzione e nella sua applicazione sul lavoro, nella sanità, nell'istruzione, nelle carceri, ecc. nel recuperare una sinistra unita non solo sulla politica estera e contro la guerra o sui diritti civili ma sporcarsi nuovamente con le comunità, chiedendo a gran voce alle persone di tornare ad occuparsi di politica e tornare finalmente a partecipare e a votare, proponendo cambiamenti su ogni struttura portante dello Stato e applicando regole e commi della Carta.

Ecco perchè ascoltare con rispetto le parole di Alemanno è qualcosa di sinistra. Un gesto di responsabilità verso chi denuncia un malessere di fondo, un errore marchiano della politica, una mancanza di senso della Stato. Alemanno, come molti politici, è una persona intelligente ma la sua indole (leggi inconscio), più protesa verso il conservatorismo e l'uso reazionario del potere ne sta pagando doppiamente le conseguenze. La sua parabola di potere e di prevaricazione personale si è infranta contro i suoi stessi eccessi ed ora si trova nella condizione di dover praticare con difficoltà e umiltà le conseguenze dell'inadeguatezza della politica italiana su un comparto importante come le carceri. Assistiamo dunque ad una sorta di unificazione nel vedere praticare da un politico di destra una domanda di soluzione progressista che , sebbene dettata anche da una contingenza, dovrebbe essere presa in forte considerazione da chiunque sia al potere in questo momento. La derisione, parafrasando Isaac Asimov, è l'ultimo rifugio degli incapaci.

Giorgio Giannoni 


LA LETTERA DI ALEMANNO

Al Presidente del Senato della Repubblica
Sen. Ignazio La Russa
Al Presidente della Camera dei Deputati
On. Lorenzo Fontana

Signori Presidenti,
ci rivolgiamo a Voi che rappresentate il massimo punto di riferimento dell’attività parlamentare, per far sentire la nostra voce di persone detenute nel Braccio G8 del Carcere di Rebibbia NC.
Siamo persone con esperienze molto diverse – una contraddistinta da un pluridecennale impegno politico e istituzionale, l’altra da una lunghissima esperienza carceraria vissuta studiando Giurisprudenza e lavorando come “scrivano” al servizio delle altre persone detenute – ma accomunate dallo stesso impegno per rendere pubbliche le drammatiche condizioni in cui si vive negli istituti penitenziari italiani.
Drammatiche condizioni che stanno esplodendo: nel cuore dell’estate italiana, mentre milioni di cittadini cercano refrigerio tra ventilatori e condizionatori, c’è un’Italia che brucia in silenzio, è quella delle carceri, dove oltre 62.000 persone vivono stipate in celle pensate per meno di 47.000, dove il caldo non è solo un disagio, ma una pena aggiuntiva, dove la dignità umana si scioglie, giorno dopo giorno, tra muri scrostati, letti a castello e finestre sigillate da pannelli di plexiglass.
Mentre le temperature superano i 45 gradi, i ventilatori sono un lusso per pochi, le celle sono camere a gas, le docce funzionano a intermittenza e l’acqua potabile scarseggia, ogni estate si ripete lo stesso copione: suicidi, proteste, appelli, e poi il silenzio.
Nel carcere milanese di San Vittore il tasso di sovraffollamento ha superato il 220%, a Regina Coeli nel cuore di Roma è al 192%, mentre quello medio di tutti gli istituti di pena italiani è del 133% (calcolando non le capienze teoriche, ma i reparti realmente utilizzabili).
Nel 2024, ben 71 persone detenute si sono tolte la vita, nei primi sei mesi del 2025 siamo già a 38, un suicidio ogni cinque giorni, numeri che gridano vendetta, ma che non fanno rumore, perché chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell’indifferenza collettiva.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti, e se le cose non cambieranno rapidamente, il nostro Paese, “patria del diritto”, rischia se subire di nuovo la stessa umiliante condanna.
Prima di Voi ci siamo rivolti al Ministro della Giustizia: sono passati due mesi e non abbiamo ottenuto alcun riscontro, se non la notizia che il Ministero ha predisposto un piano di 32 milioni di euro per l’ampliamento di nove istituti penitenziari mediante l’istallazione di moduli detentivi prefabbricati. Ebbene, questo intervento dovrebbe mettere a disposizione 384 nuovi posti in cella, con un costo medio per detenuto di 83.000 euro: una goccia nel mare, a fronte di un sovraffollamento di più di 14.000 persone detenute.
Oggi ci rivolgiamo a voi, Signori Presidenti, perché riteniamo che l’unica possibilità di dare una risposta immediata, concreta e adeguata a questa emergenza, sia quella di approvare un provvedimento di legge con il concorso trasversale di forze politiche provenienti da ogni schieramento. Non un indulto o un’amnistia per i quali, non solo sarebbe necessaria una maggioranza qualificata, ma bisognerebbe sfidare un’opinione pubblica giustamente preoccupata dai problemi della sicurezza e della certezza della pena.
Pensiamo, invece, a quella che è stata definita la “Legge della buona condotta”, ovvero un provvedimento che preveda una “liberazione anticipata speciale” tale da aumentare lo sconto di pena già previsto quando le persone detenute mantengono un comportamento giudicato irreprensibile dagli Uffici di sorveglianza.
Su questa ipotesi – come il Presidente La Russa ben sa – si sono già svolti degli incontri politici che hanno coinvolto l’on. Roberto Giachetti, che ha depositato una proposta di legge in questo senso, e l’on. Rita Bernardini, presidente dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino”, che sta conducendo proprio in questi giorni uno sciopero della fame per richiamare l’attenzione sull’emergenza carceri.
Ci rendiamo conto che nel frattempo sono intervenuti conflitti internazionali che hanno messo in secondo piano ogni dramma sociale, compreso quello delle carceri, ma adesso – prima della pausa estiva, che coinciderà con il momento peggiore per la condizione delle persone detenute – è necessario dare una svolta a questi contatti politici, mettendo nell’agenda parlamentare l’urgenza di intervenire sulla situazione degli istituti di pena.
Non chiediamo impunità, chiediamo umanità, non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia, anche perché nessuna pena può diventare tortura, perché nessuna cella può diventare una tomba, perché nessuna persona mai dovrebbe essere trattata come meno di un essere umano.

Roma Rebibbia, 30 giugno 2025

Gianni Alemanno
Fabio Falbo

(Riceviamo da Gianni Alemanno e pubblichiamo nel rispetto delle norme dell'Ordinamento)

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