"Vuoto di senso crolla l'occidente
Soffocherà per ingordigia
Umberto Galimberti, in una sua lezione ci illumina:
" Sacro è una parola indoeuropea che noi traduciamo con “separato” e fa riferimento alla potenza che gli uomini hanno avvertito come superiore a loro e perciò collocata in uno scenario “altro” a cui hanno dato il nome di sacro, successivamente di “divino”. In questo scenario Dio è arrivato con molto, molto, molto ritardo. Cerco di indicare una terminologia in modo che nessuno identifichi il sacro con Dio. Si tratta di potenze che l’uomo ha avvertito come superiori a sé e ha collocato in una regione “altra”, denominata appunto “sacralità”. Sacralità è una parola ambivalente che vuol dire al contempo, benedizione e maledizione: tutte le parole che oltrepassano l’umano sono parole ambivalenti. Stante la natura ambivalente di questa dimensione, ambivalente è anche il rapporto che l’uomo stabilisce con il sacro: da un lato lo teme come si può temere ciò che si ritiene superiore e che non si è in grado di dominare e dall’altro ne è attratto come si è attratti dall’origine da cui un giorno ci si è emancipati. Il sacro è una dimensione perdurante nella condizione umana, può essere rimosso, invocato, temuto, dimenticato addirittura, ma opera comunque. Per difenderci dal sacro sono nate le religioni, le quali, non sono dimensioni che ci mettono in rapporto con il sacro bensì ce ne difendono..."
Provate a pensare come si sentiva l'uomo primitivo, quando la coscienza aveva cominciato la sua opera, difronte a tutte le manifestazioni misteriose della natura che lo circondava o che appartenevano alla sua quotidianità: dalla nascita del sole fino alla sua scomparsa, dai ritmi delle stagioni alle forze atmosferiche, dai semplici atti quotidiani di mangiare , bere, defecare, dormire, all'accoppiamento, alla nascita dei figli, alla suprema osservazione della morte quando la tua compagna o i tuoi compagni non davano più segni di vita. Circondato da atti misteriosi, da accadimenti inspiegabili l'uomo primitivo, per non impazzire, per non vivere nel terrore ricorse all'immaginazione, alla creazione mentale di qualcosa di superiore che potesse spiegare quanto si muoveva intorno a lui e rassicurarlo della sua condizione. Dai totem agli spiriti negli alberi e negli animali, agli dei, fino al dio unico la religione divenne il toccasana, il luogo nel quale rifugiarsi dove trovare riparo e comprensione. Un'invenzione che, nel tempo, si trasformò (a causa degli istinti gerarchici e di potere presenti da sempre nella nostra mente) in una struttura atta a comandare, a decidere, a prevaricare in nome di qualcosa che stava sopra di noi e disponeva, attraverso le gerachie sacerdotali, del nostro destino.
In pieno XXI secolo noi tutti crediamo che la religione sia stata messa da parte o, come nel Natale, diventi accettabile e serena nelle sue manifestazioni di culto. Ci piace pensare di essere umani moderni, secolarizzati, tecnologicamente avanzati, aperti alla comprensione reciproca e al rispetto per l'altro. Basta guardare ai nostri comportamenti verso i diversi o ai femminicidi in costante crescita oppure cosa è accaduto a Teheran o come sono costretti a vivere le donne a in luoghi come l'Afghanistan, per avere più di un dubbio. Che l'Islam (e la sua religione) sia in ritardo sul calendario accettato mondialmente di più di 600 anni non è una novità e che i musulmani più moderni abbiamo stemperato alcune delle loro ataviche e superate regole non può che essere positivo (seppure permangano troppe ambiguità) ma vedere nefandi personaggi costruire regimi dove la religione più perversa e atroce (soprattutto verso le donne) viene applicata con sadismo e crudeltà è veramente troppo. Ancora una volta la religione eletta a comandamento, diventa uno strumento di atrocità, di insulsa follia verso l'essere umano con tutto lo strascico di regole atte solo a prevaricare, a fare delle donne un oggetto di vita che il loro supremo dio vorrebbe nascoste e oppresse come animali.
Immagino che molti direbbero che la religione è un atto di fede e che ogni discorso terreno non può che essere limitato come limitati e mortali sono gli esseri umani e dunque qualunque critica nei suoi confronti sarebbe da rifiutare a priori. Una posizione accettabile e rispettabile in un qualunque paese democratico e laico che fosse capace di contemperare i credenti e gli atei assieme. Peccato che anche in Italia da tempo immemore gli atti religiosi della chiesa debbano forzatamente essere presi in considerazione da tutti (e la maggior parte dei cittadini ne condivide, purtroppo, i presupposti, soprattutto in questi ultimi tempi degradati). Anche da noi la religione continua impassibile a dirigere le nostre vite, a mantenere regole e strutture di vita arcaiche e superate, a mettere il becco in ogni importante questione, a porre i bastoni tra le ruote di una Repubblica che si definisce laica (vedi fine post). Abbiamo fortunatamente superato l'Inquisizione o altre amenità simili ma ancora oggi assistiamo ad una continua lotta da parte delle Chiesa contro la legalità laica dello Stato, per esempio contro la richiesta di una eutanasia legale, degna continuazione delle battaglie "divine" contro divorzio, aborto e altre positive conquiste di una comunità sempre osteggiata nel suo tentativo di emanciparsi da visioni medievali e arretrate. Non ho mai compreso perchè individui lontani da ogni esperienza di una reale vita vissuta debbano proporre ricette esistenziali basate su una percezione distorta della nostra reale umanità. Mi sono segnato le parole ,di un paio d'anni fa, dell'esimio monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia della Vita:
“C’è la tentazione di una nuova forma di eugenetica: chi non nasce sano non deve nascere. E insieme con questo c’è una nuova concezione salutistica per la quale chi è nato e non è sano, deve morire. È l’eutanasia. Questa è una pericolosa insinuazione che avvelena la cultura – dice a Vatican News il porporato – Si sta man mano incuneando nella sensibilità della maggioranza una concezione vitalistica della vita, una concezione giovanilistica e salutistica in base alla quale tutto ciò che non corrisponde ad un certo benessere e ad una certa concezione di salute viene espulso”.
E' terribile leggere in queste parole la totale mancanza di lungimiranza, la negazione di ogni diritto alla propria libertà individuale in nome di una contorta accettazione della vita in qualunque modo quest'ultima si possa presentare alla nascita o alla morte. Qui l'inconscio esprime al massimo quella valenza folle e nascosta che fa prediligere, senza la possibilità di qualunque intervento cosciente, l'accettazione sempre e comunque di regole "superiori" che poi si estrinsecano anche nella volontà di far nascere qualunque bambino portatore di malformazioni o handicap di vario genere purchè venga rispettato l'ipotetico e aleatorio dono della vita da parte di un essere supremo. E sempre in nome dello stesso dio e del suo "dono" vitale, l'essere umano con malattie devastanti dovrà, cristianamente, sopportare il dolore e la morte imminente senza possibilità di lenimento e di un oblio risanatore.
Ancora una volta non servono spiegazioni scientifiche, approcci coscienti. Non serve, nel caso dei bambini, cominciare a insegnare a scuola, come si conviene, la realtà biologica dell'essere umano ne tantomeno mettere in campo screening e controlli tali da prevenire più che si può i problemi genetici ne tantomeno insegnare in quale mondo inquinato viviamo e quali sono i suoi effetti su di noi. Si preferisce, secondo la chiesa, far nascere comunque queste creature, farle vivere come esseri menomati, disturbati, incapaci di relazionarsi con loro i genitori e il mondo, la cui vita diventata un calvario viene mostrata nelle tv a giustificare l'obolo richiesto per poter mantenere quella che non è vita ma una sua terribile, infame, tremenda copia.
Ne tantomeno si preferisce mostrare ammalati, trasfigurati dalla loro agonia, nel loro sguardo assordante di sofferenza, nella loro richiesta muta di fine come esseri umani, i quali, nella sopportazione del dolore più atroce, sono costretti ad accettare comunque il "dono" della vita (che vita non è più) perchè un qualche dio e qualche sacerdote hanno deciso che debba essere così.
C'è una sottile e duratura linea rossa (con tutti i distinguo che volete) tra le pretese folli e tragiche dei regimi islamici di Teheran e Kabul e quelle di una chiesa cattolica che persevera nel riconoscimento delle proprie sbilenche concezioni. In entrambi opera un inconscio deleterio, edulcorato che, nel primo caso, si manifesta con scelte consce di una brutalità e di una esagerazione incredibili. Nel secondo, centinaia d'anni di secolarizzazione hanno lasciato alla chiesa un approccio più ponderato, più mellifluo e carico di conseguenze più diluite ma certamente sempre molto presenti (basta una rapida occhiata ai momenti di crisi del cattolicesimo degli ultimi anni). Ne facciamo ancora oggi le spese osservando come molta della nostra politica, in particolare negli ultimi eletti, sia in sintonia con le autorità ecclesiastiche come d'altronde buona parte degli italiani sono sempre pronti a riconoscere la validità di certi illusori comandamenti. Fino a che non comprenderemo la reale valenza della religione e quanto la nostra mente possa guidarci su sentieri sbagliati continueremo a vivere come fedeli senza diventare mai cittadini del mondo.
Giorgio Giannoni
Per conoscenza:
La Costituzione italiana non contiene riferimenti espliciti al principio di laicità; tale principio è stato ricavato dalla Corte Costituzionale (sentenza n°203/1989)a partire dagli articoli 3 (principio d'eguaglianza) e 8, comma 1 ("Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge"). Affermando il principio di laicità lo Stato manifesta la propria neutralità rispetto al fenomeno religioso e la conseguente equidistanza dalle varie forme di credo e di confessione religiosa.
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