17 dicembre 2025

MUSICA E TRISTEZZA: JOE ELY se n'è andato di Monica Faridone

 

Tutto in Texas è più grande, più grosso, e quello che genera la sua musica, riesce a plasmare e a tramutare in carne salata, birra calda da pochi centesimi e Mezcal col verme a pochi metri dal confine messicano.

Tutti quei sentimenti che stazionano intorno al divenire della nostra vita e che un hombre come Joe avrebbe certamente pregato, anzi lo avrà fatto, davanti alla Santa Muerte, gli hanno donato infine quel "Gallo del cielo" (scritta dal suo amico Tom Russel), impastato nel sangue e nella farina di mais. Cantando della sua terra violenta e polverosa anche qui da noi in tanti locali, uno per tutti il Renfe di Ferrara che di arido non aveva proprio nulla.
Nei dolenti anni '80, dal punto di vista musicale, arrivò lui. I Clash capirono subito la sua forza dirompente e lo vollero come opening act del loro tour americano. Stessa rabbia, paesi diversi e storie da raccontare. La sua musica, il suo messaggio furono scatenanti: qualcosa bruciava ancora sotto le macerie di Alamo.Non era musica da ascoltare seduti. Era musica che ti faceva muovere, battere il piede, sentire il sangue pompare più forte. Ogni nota, ogni parola portava con sé la convinzione che la musica può cambiarti la giornata, la vita. Ti caricava, ti dava energia quando eri scarico, ti faceva sentire che valeva la pena esserci, in quel momento, in quel posto. La sua musica sapeva caricarti l'anima, ti entrava dentro con quella forza del Texas, del confine, delle strade polverose e dei bar dove la musica ti salva la vita. Ho sempre amato Joe Ely, ho assistito a molti suoi concerti nel corso degli anni, ma il più bello, sia per intensità che per atmosfera, quello che mi è rimasto particolarmente impresso, è stato al Renfe a Ferrara, locale storico che non esiste più.
Premetto che saremo stati una sessantina di persone e tra il pubblico c'era un personaggio simpaticissimo; mentre suonavano, se n'è uscito urlando in dialetto ferrarese "An l' è mia la prima volta chi sonen!" e poi, indicando il pubblico: "Non saremo in zenzinquantamila ma semo sielti ve!" Questo dà l'idea dell'atmosfera che si era creata e della passione che vibrava in quel locale.
Non riuscivo nemmeno a stare seduta. Rovesciavo birra e ascoltavo il vento del deserto e lo scorrere del Rio Bravo. Era appena uscito *Letter to Laredo*, che altro dire? E poi le chitarre di Jesse "Guitar" Taylor e Teye, capaci di raccontarci quel mondo a sud del confine in un piccolo locale ferrarese che non esiste più ma che per due ore è stato anch'esso a sud del confine.
Jesse "Guitar" Taylor, un omone enorme con un gilet di pelle, che era stato fermato in Svizzera perché trovato con delle bustine di polvere bianca, che altro non era che un prodotto omeopatico. A vederlo, tutto avresti pensato, tranne che facesse uso di prodotti naturali.
Il Texas ha partorito artisti immensi, non sto a citarli, mancherei di rispetto a Joe in questo triste giorno, ma vi garantisco che lui sarà sempre tra i grandi che ho avuto il piacere di ascoltare dal vivo.
Quest'anno è stata un'ecatombe. Stanno cadendo tutti i grandi come i birilli del bowling. E ogni volta che cade uno di loro, cade con lui un pezzo della musica che ci ha formato, che ci ha accompagnato, che ci ha fatto sentire meno soli.
"Da qualche parte ho ancora i jeans e gli stivali che indossavo quella sera, ma sono triste perché non riceverò più nessuna lettera da Laredo"
Al prossimo arcobaleno, Joe.

Monica Faridone

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