Nell'avvicinamento all'evento di lunedi 24 febbraio prossimo HA ANCORA SENSO LA GIORNATA DELLA MEMORIA ? alle ore 17,30 nella sala consigliare del Comune di Sarzana, proponiamo la terza riflessione, tratta, questa volta dal libro di Michele Sarfatti LA SHOAH IN ITALIA. Si tratta del pensiero "scientifico" che il fascismo aveva elaborato per giustificare le leggi razziali contro gli ebrei nel nostro Paese. Un allucinante e delirante elenco di stupidaggini e falsità che purtroppo vennero applicate con dovizia nell'ultima parte del ventennio e che rappresentano un evidente risposta al quesito che poniamo per l'evento. A seguire, sempre dallo stesso testo, Il significato di Shoah
I. Il Fascismo e i problemi della razza; pubblicato su «Il giornale d’Italia» datato 15 luglio 1938 e distribuito dal pomeriggio precedente.
Un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane e sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, ha fissato nei seguenti termini quella che è la posizione del Fascismo nei confronti dei problemi della razza.
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà ariana1. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.
5. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.
6. Esiste ormai una pura «razza italiana». Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il piú grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza.
La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose.
La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuol dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia.
Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri.
Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
1 Il titolo del punto 4 pubblicato su «Il giornale d’Italia» recitava: «… è nella maggioranza di origine ariana…» Una direttiva governativa alla stampa della sera del 14 luglio precisò: «Tutti i giornali devono integralmente riprodurre in evidenza la nota pubblicata dal Giornale d’Italia sul ‘fascismo ed i problemi della razza’. […] Dove è detto: ‘La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana’, togliere ‘nella maggioranza’. La frase dovrà suonare cosí: ‘La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana’»; Acs, Partito nazionale fascista, Servizi vari, S. I., b. 247, Disposizioni stampa 1 aprile - 27 agosto 1938, disposizione datata 14 luglio 1939 (sic) ore 22,10.
Il significato di Shoah da LA SHOAH IN ITALIA di Michele Sarfatti
Shoah è una parola ebraica, che significa catastrofe, disastro, distruzione. Il termine compare piú volte nel testo biblico, e quindi faceva parte del vocabolario ebraico rivitalizzato dai primi sionisti in Palestina. Essi lo utilizzarono per denominare la persecuzione antiebraica nazista già all’inizio del 1937, poi nel corso del 1938, con riferimento alla condizione degli ebrei in Austria dopo l’annessione alla Germania in marzo e al pogrom tedesco di novembre, e infine negli anni seguenti, con riferimento ormai all’annientamento fisico di milioni di ebrei europei1.
Questo significato si generalizzò, e nel 1951 il Parlamento dello Stato di Israele utilizzò il vocabolo nella formula che istituí il giorno (yom) nazionale dedicato alla recente catastrofe e alle rivolte nei ghetti: yom ha-shoah u’mered ha-getaot – poi abbreviato in yom ha-shoah –, fissato al 27 del mese ebraico nissan, giorno che nel 1943 corrispondeva al 19 aprile, ossia a uno dei giorni centrali dell’insurrezione eroica (anche perché priva di speranze) degli ebrei rinchiusi nel ghetto di Varsavia.
La Shoah attuata in Europa a metà del secolo scorso, tra gli anni Trenta e Quaranta, è divenuta in ebraico ha-shoah, la Catastrofe per eccellenza; il vocabolo quindi ha assunto il significato di denominazione di un’intera vicenda storica, similmente a ciò che in italiano è avvenuto a Risorgimento, Restaurazione, Resistenza. Come questi termini, anche Catastrofe descrive il senso di una vicenda senza precisarne caratteristiche e particolari (e si è visto che Shoah è stata usata dapprima per le violente radicalizzazioni persecutorie del 1938 e poi per lo sterminio sistematico). Oggi essa identifica innanzitutto quest’ultimo, ma secondo un certo numero di studiosi comprende anche le fasi precedenti2. Tra l’altro, la stessa improvvisa emanazione di un ‘moderno’ corpus legislativo antiebraico, che per di piú classificava gli ebrei come razza, costituí una sorta di catastrofe. Anche in questo libro Shoah da un lato denomina in generale l’insieme della vicenda persecutoria che annientò gli ebrei d’Europa prima e nel corso della seconda guerra mondiale, dall’altro si riferisce in particolare alla distruzione fisica, allo sterminio da essi subito.
In un certo senso, il termine Shoah è esattamente opposto a quello tedesco Endlösung (Soluzione finale). Il primo appartiene al mondo (linguistico) delle vittime, costituendone una sorta di minimo comune denominatore, anche quando parlavano l’yiddish o una lingua nazionale europea e anche se una piccola parte era di religione cristiana o di nessuna religione. Esso descrive l’evento dal loro punto di vista e con immediatezza: certamente si trattò di una catastrofe, di un disastro. Endlösung, invece, appartiene al vocabolario dei persecutori (che però non erano né tutti i tedeschi, né tutti tedeschi) e piú precisamente al loro ambito decisionale (soluzione) e programmatico (finale) e al loro linguaggio burocratico e velato.
Per un quarantennio, la persecuzione europea antiebraica di metà Novecento è stata denominata Shoah pressoché esclusivamente in Israele (ed era lí tradotta in inglese coll’inadatto Holocaust). In Italia venivano utilizzati per lo piú il non breve «persecuzione antiebraica nazista» (o «fascista e nazista», oppure, con la sinteticità figlia dell’esperienza vissuta, «nazifascista»), o «sterminio» e «genocidio», non sempre bene accetti dagli stessi sopravvissuti. La notevole emozione suscitata nel 1985 dal film Shoah di Claude Lanzmann determinò l’irruzione del termine ebraico dapprima in Francia e poi negli altri paesi europei3. In Italia esso si è diffuso nel corso degli anni Novanta, con la crescente (ma ancora oggi non generalizzata) adozione da parte di storici specialistici e di esponenti dell’ebraismo. Il terzo ambito della penisola a optare precocemente per il suo uso è stato forse quello della Santa Sede. Nonostante la progressione, è peraltro presto per considerare certa e definitiva la sua affermazione sugli altri termini, in Italia e nell’area euroamericana.
È opportuno chiarire che «Shoah» rimane una denominazione convenzionale. Come ogni denominazione, essa può essere caricata di vari significati o di nessun significato. Il mio pensiero al riguardo è che la denominazione di un evento, quale che essa sia, non deve influenzare la ricostruzione storica, la conoscenza e l’interpretazione dell’evento stesso. E la Shoah è stata innanzitutto un capitolo della nostra storia, che va compreso prima che denominato.
1 A.-V. Sullam Calimani, I nomi dello sterminio, Einaudi, Torino 2001, pp. 19-24; S. Teveth, Ben-Gurion and the Holocaust, Harcourt Brace and Company, New York, San Diego, London, 1996, p. XXIX (per il gennaio 1937); D. Michman, Pour une historiographie de la Shoah. Conceptualisations, terminologie, définitions et problèmes fondamentaux, In Press éditions, Paris 2001, p. 503 (per il marzo-aprile 1938).
2 Ibid., pp. 17-66.
3 Sullam Calimani, I nomi cit., pp. 103-7.
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