L'articolo 9 della Costituzione: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali. ( aggiornato nel 2022 per includere proprio l'obbligo di tutela degli animali e dell'ambiente)
La turpe proposta di legge sulla riforma della caccia del ministro Lollobrigida mi ha ispirato le poche righe che seguono. Ma prima ascoltate con attenzione le parole di Giovanni (di Aldo, Giovanni e Giacomo) che illustra con ironica ma seria bravura i punti di questa totale aberrazione.
L'assoluto stravolgimento di ogni logica, la visione folle sull'argomento fanno da corollario a alla figura di un essere umano stravolto dal proprio inqualificabile pensiero. Ci si chiede come si possa dare responsabilità di governo a tali uomini se non perchè, oggi, è questo che passa il convento. Ma tutti i vari politici di questa maggioranza hanno portato in dote la visione del mondo che hanno contribuito a formare, assieme a coloro che li hanno eletti e il dato evidente di questi tempi osceni è l'aver dato la stura ad ogni tipo di ignoranza, di stupidità financo di perversione. Non si tratta più di un evidente confronto tra progressisti e conservatori ma la palese vittoria di un inconscio sempre più libero, sempre più nefando che, nella nuova classe politica al potere, ha trovato la sua massima espressione.
L'aver lasciato mano libera alla elezione di queste pochezze intellettuali (specchio di molti dei loro elettori) grazie alla manifesta indigenza partecipativa dei molti a sinistra, ha avuto come risultato l'incontrovertibile vittoria dell'inciviltà, della mancanza di senso critico, condite, ahimè, con un buon profumo di sano populismo, mancanza di democrazia con paillettes del ventennio e aggiornati dintorni in aggiunta. Esiste, purtroppo, una sorta di gradiente del peggio che viene declinato con nonchalance dagli spocchiosi ministri o sottosegretari, i quali credono di avere manolibera in ogni argomento e in ogni decisione che riguarda il Paese, sbavando avidamente nell'aspirare a rappresentare una cultura di destra, finalmente liberata dal sempre presente senso di inferiorità verso la cultura di sinistra. Questa continua ricerca di una santo graal culturale, mi spiace per loro, rimarrà sempre una lontana chimera, un oscillante miraggio.
Badate bene, non si tratta di una contrapposizione ideologica, ma solamente una constatazione psicologica e mentale. Il conservatore, reazionario o meno, mosso come è direttamente dal suo inconscio, rimane incapace di andare oltre alle spinte individualiste, narcisiste, di godimento e di diletto che fanno il paio con la ricerca smodata del potere, della prevaricazione, tutti attributi che occupano, inevitabilmente lo stato mentale del conservatore che non trova, nella maggior parte di loro, lo spazio psichico per " fare cultura", cioè di andare oltre al personale, di provare empatia, di guardare all'infinità varietà della natura, di esprimere sogni e creatività di ogni tipo, di accettare la diversità e di manifestare contraddizioni e velletarietà.
Basta prendere in considerazione libri, film, teatro, musica e non si potrà non notare come ogni espressività contenuta in essi esprime contenuti e prese di posizione progressisti, cioè che guardano avanti, non conservano, esprimono cambiamenti e trasformazioni, che mettono in dubbio, che esprimono la complessità della vita e dei rapporti umani. In una parola che mettono in dubbio le gerarchie e la loro staticità (la cultura molte volte è iconoclasta, alternativa alla società, capace di mettere in dubbio l'esistente e se stessa). I simboli che rivelano una visione di destra non si muovono, sono statici, troppo occupati a girare intorno all'autorità, al dominio, alla soddisfazione di ogni desiderio. La nostra società odierna si muove su queste ultime coordinate, scambiando smodatezza, consumismo, esagerazione, sete di potere come una nuova forma di cultura. Allora, lo sforzo conscio di andare oltre, di rompere i muri, di sovrastare la staticità viene praticato da altri "a sinistra", ma non perchè la cultura sia ideologicamente di sinistra ( molti degli elettori di questa parte sono, anch'essi in sintonia con quelle coordinate sopracitate) ma perchè coloro che consciamente esprimono, con uno sforzo voluto, una visione aperta e condivisa (creativa o solo d'impostazione propria), hanno praticato una forma cosciente di sacrificio per andare oltre a quell'inconscio distruttivo che alberga in ogni essere umano, progredendo nella conoscenza di se stessi e del mondo. Non è un caso che la grande creatività culturale si espresse, molti decenni fa, in un mondo in profondo cambiamento, dove i nuovi simboli mettevano in dubbio il mondo stesso. La vera cultura ha bisogno di contrapposizione, di una emersione anche conflittuale contro la staticità, l'omologazione, le gerarchie consolidate. Quando un qualsiasi regime instaura la fissità dell'esistente e della sua ripetitività, applica una subalternità acritica e imposta, la cultura cessa di esistere, scompare inghiottita dai flutti più pericolosi e deleteri dell'ufficialità, sia essa dittatoriale o omologante. In definitiva, assisteremo sempre a rappresentazioni di poco conto, ad una banale espressività fino a raggiungere, purtroppo, anche livelli di stupidità frustrante e deleteria, forse anticamera di molto peggio. Altro che cultura.
Giorgio Giannoni
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