18 maggio 2025

REFERENDUM: Il dato politico è che, oggi, la democrazia serve per delegittimare se stessa.

                                                              


La querelle su come comportarsi al prossimo referendum sul tema del lavoro e della cittadinanza offre interessanti spunti sul livello politico ma anche personale su coloro che, in questi anni, guidano il nostro Paese.



E' certamente evidente che molto è cambiato in questa Italia ( e non solo) ma quello che colpisce  è la rapidità con la quale sono riemersi nel nostro contesto sociale, comportamenti e prese di posizione che, nei tempi passati si vedevano solo rararamente. Siamo, evidentemente, difronte ad una ciclicità esistenziale che, per circa trent'anni, ha tenuto in conto degli insegnamenti derivati da quanto accadde con in fascismo e con una guerra devastante e dunque l'inconscio collettivo della comunità era come parzialmente controllato e sostituito dalla conscia necessità di dover ricostruire un Paese e una Comunità democratica (sebbene con storture e  distorsioni di vario genere). Il confezionamento di molte leggi innovative e libertarie, unito ad un senso di rinnovata appartenenza ad un Paese in nuovo fermento avevano fatto sì che i fondamenti costituzionali trovassero la loro giusta collocazione. C'era più rispetto per le istituzioni, si andava a votare in gran numero e la popolazione, come mentalità di fondo, riusciva a contenere i rigurgiti estremi di un fascismo mai veramente domo ne tantomeno accettare follie rivoluzionarie comuniste estreme. Il cambio epocale degli anni '80 portò con sè le nuove tecnologie, la finanza estrema, il consumismo più becero e il liberismo sfrenato cosicchè, in tempi relativamente brevi, l'inconscio collettivo della  nostra comunità sollevò nuovamente la testa e nelle aspettative delle persone esplose la ricerca diffusa di godimento e di potere, facendo passare in secondo piano quell'equilibrio e quella moderazione esistenziale che aveva caratterizzato gli anni precedenti. Occorreva certamente poter avere la possibilità di una vita migliore, libertaria e più equilibrata, meno stressante e quotidianamente interessante ma, quando le forze inconsce si liberano, ben presto ogni barriera viene superata e con essa anche le giuste regole e i criteri di fondo. La smodatezza di potere, il localismo più estremo, la corruzione più violenta di coloro che vennero eletti negli anni successivi ha rispecchiato perfettamente molta della classe politica che guidò il Paese: da Craxi, Berlusconi, Bossi, alla sinistra in assenza della propria stessa presenza fino ad arrivare all'inevitabile chiusura del cerchio di una classe politica di destra, gretta e conservatrice, evidente specchio di un popolo che aveva perso il senso di comunità politica e sociale e che si muoveva su binari di puro individualismo. Molte leggi progressiste sono state smantellate, il mercato è diventato il vero referente per tutti e siamo arrivati al paradosso che chi governa è legalizzato dai pochi che votano mentre una identica parte della popolazione pare vivere in una propria bolla di continua corsa all'appagamento e al diletto esistenziale. Il dato politico è che, oggi, la democrazia serve per delegittimare se stessa. Basti pensare alle estremizzazioni dei gruppi fascisti e nazisti (tanto per dire alla Spezia e a Gallarate, ieri) che vengono sdoganate dai politici di destra con affabilità e con paradossali affermazioni:

 Il coordinatore provinciale spezzino di Fratelli d’Italia Davide Parodi, commentando la partecipazione del sindaco Peracchini alla manifestazione “Non condividiamo la scelta del sindaco Peracchini di sfilare in mezzo alle bandiere rosse, portando i gonfaloni di Comune e Provincia in una manifestazione organizzata e partecipata soprattutto da quella sinistra autoreferente che si sente depositaria della verità e della democrazia e in nome di queste pretende di decidere chi ha e chi non ha diritto di parola. Manifestazione a cui gli elettori di Centrodestra mai avrebbero voluto vedere né il sindaco né i gonfaloni”. 

Matteo Salvini: «Sono d’accordo che ci sia qualsiasi iniziativa democratica e libera. Non capisco perché si dovrebbe vietare a priori il libero pensiero di qualcuno, non siamo mica in Unione Sovietica» 

Matteo Piantedosi:" In democrazia, non bisogna avere paura di nulla, anche di idee che possano apparire molto forti, controverse, discutibili, non condivise in qualche modo». 

La Costituzione,ancora una volta, pare scomparire sullo sfondo, dileguarsi nelle nebbie del passato mentre sempre più aggressivo, pacchiano è il riverberare affabulatorio di cariche dello Stato che si permettono di declinare la democrazia italiana con parole quasi stupite come accade per il prossimo referendum. Ascoltare il vociare della seconda carica dello Stato o di qualche patetico sottosegretario si può cogliere, nella loro interezza, la deformazione, le storture nel voler considerare legittimo, giustificato, financo lecito il consiglio di non andare a votare, di fatto perdendo di vista quell'etica politica necessaria al corretto uso della democrazia. Il problema dunque non è tanto l'argomento dei referendum (di per sè importante sempre e comunque) quanto il servirsi, surrettiziamente e incoerentemente dei principi democratici che dovrebbero essere alla base di una comunità. E' un voluto, evidente "svaccamento", un essere in sintonia con quella parte di popolazione che, da tempo, ha preso le distanze dalla politica e che non vuole essere disturbata nella sua fruizione quotidiana di una vita animata da falsi miti, dalla ricerca di un appagamento continuo dei propri desideri e non ha tempo da perdere con le "strutture" sociali e politiche. Questa sintonia a-democratica, è paradossalmente evidente nella crescita del consenso verso i partiti al potere e nel menefreghismo di molti altri cittadini di segno opposto, portando, dunque, alla logica conclusione dello svilimento di ogni  diritto democratico, delle libertà costituzionali che dovrebbero tutelare la nostra comunità e che rischia di aprire la porta ad avventure future di carattere reazionario.

  Andare a votare al referendum come alle elezioni dovrebbe essere un modo per mantenere viva la democrazia della nostra comunità, qualunque siano i quesiti, nel primo caso, o il tipo di elezione nel secondo. Praticare la democrazia, almeno in questi modi, assume il significato reale e non solo simbolico di appartenere ad una comunità dove il rispetto per gli altri cittadini e per le istituzioni rimane dirimente.

 Per quanto mi riguarda, poi, i quesiti proposti per l'8 e i 9 giugno, sono di una importanza strardinaria perchè vanno a toccare i diritti del lavoro che, negli ultimi anni, paiono essere stati dimenticati e vilipesi dalla classe politica, come d'altronde il quesito sulla cittadinanza che permetterebbe a molti dei nostri ragazzi già italiani per nascita di diventarli veramente in tempi più umani. Sembra paradossale pensare che, in questo Paese, ai cittadini non interessi la giustezza delle leggi sul lavoro ne tantomeno i diritti civili di molti giovani ma, purtroppo, le ultime generazioni paiono aver dimenticato non solo gli insegnamenti dei Padri costituenti ma anche la capacità di guardarsi in giro, di protestare, di fare proprie le istanze sociali più importanti, accettando, in cambio, la silenziosa opulenza e la devianza di un mondo sempre più difficile da concepire.

Andiamo a votare che è meglio. Non date retta agli untori.

Giorgio Giannoni


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