04 settembre 2022

PENSIERI STUPENDI: BERNARDO ZANNONI NON SI FERMA Dopo il Bagutta Opera Prima vince anche il Campiello 2022

 


Una grande notizia per Sarzana. Bernardo Zannoni si è aggiudicato il premio Campiello 2022 con il suo splendido romanzo d'esordio, "I miei stupidi intenti". Avevo già sottolineato la bravura di questo giovane sarzanese quando a maggio aveva già vinto, per lo stesso romanzo, il premio Bagutta Opera Prima e, successivamente, il premio "Salerno Libro d'Europa" (qui la segnalazione di Benedetto Marchese da Città della Spezia) Riprendo allora quanto detto, lo scorso anno, sul libro, quando il romanzo uscì, per far conoscere ancor di più le grandi capacità di Bernardo.




"I MIEI STUPIDI INTENTI" l'esordio letterario di Bernardo Zannoni dal Blog In quel di Sarzana

Qualche giorno fa abbiamo dovuto registrare la dipartita dal pianeta di Daniele Del Giudice, grande scrittore sulla cui bravura credo sia inutile aggiungere altro. Vorrei allora sottolineare come lo scrivere, come la vita, assomigli ad una sorta di staffetta dove il testimone del talento, della capacità, della sensibilità nel raccontare passa in altre mani, in altre penne, perpetuando quella magia, quella esaltazione che unisce, da sempre, colui che scrive  e il lettore che riceve quel dono. E quando l'esordio letterario è fulminante e appartiene al tuo mondo, al tuo luogo, ai tuoi amici allora la contentezza è ancora maggiore. Bernardo Zannoni, novello scrittore sarzanese, ha scritto un libro che merita veramente di essere  sottolineato sia per inventiva che per profonda riflessione e non è certo un caso che La Lettura (l'inserto letterario del Corriere della Sera) gli abbia dedicato una recensione nel numero di domenica scorsa dove lo stile ha avuto quel massimo di cinque punti che non viene mai regalato a nessuno. Ho deciso dunque di riportare tale recensione per far conoscere al maggior numero di lettori la figura di questo nuovo scrittore , figlio di Alessandro Zannoni, già conosciuto nei nostri lidi, ed oltre, come scrittore e sceneggiatore lui stesso. Insomma, un grande passaggio di testimone da non perdere assolutamente.

Giorgio Giannoni

Umanissime passioni di uno zoo primordiale 

di Ermanno Paccagnini da La Lettura 

 

 

I miei stupidi intenti, del venticinquenne Bernardo Zannoni, si dichiara subito racconto in prima persona. Con protagonista Archy, uno dei sei piccoli lasciati sul lastrico con la madre da un padre ucciso durante un furto di galline. Rimasto zoppo per una caduta da un albero per prendersi un nido di pettirossi, per far fronte alla fame viene venduto dalla madre per una gallina e mezzo a Solomon, un usuraio assistito da Gioele, cui spetta il compito di far rispettare gli impegni assunti dai clienti. E presso Solomon, Archy cresce passando da servo a scrivano, imparando a leggere e scrivere, per poi riportare sotto una luce positiva le memorie che Solomon era venuto stendendo di quella sua vita trascorsa con "compagni, banditi con cui faceva gruppo, con cui condivideva regole e scorribande. Una vita straordinaria, fatta di cattiveri, sangue, astuzie e inganni". Almeno sino all'illuminazione da "via di Damasco" venutagli da un libro sottratto con la violenza e conteso come un "tesoro", con storie che parlano di Dio.

Archy sin da piccolo conosce il sesso scambiandolo per amore, portandoselo nei sogni e negli incubi, soprattutto quando, anni dopo, conoscerà il destino toccato alla sorella Luise. Un amore che incontrerà poi con Anja, che però fugge con i quattro figli in un inverno durante il quale la fame spinge Archy ad atti estremi di sopravvivenza; anche perchè morto Solomon e andatosene Gioele, potere e ricchezze sono presto disperse per l'incapacità fisica oltre che mentale, di Archy di difenderli. Tanto da rischiare di morire durante una lotta, salvato dal solitario Klaus, che lo cura e lo ospita, e sempre più attratto dalla scrittura e dai libri di Archy. Sino al contrapasso finale, quando, rimasto solo, riappare sulla scena Nessuno, quel suo figlio maggiore che aveva rischiato di essere vittima del gesto estremo, dettato dalla fame. 

Una storia ricca di intensità pur nella sua linearità, non fosse che la prospettiva cambia completamente se si pensa che: Archy è una fainaSolomon una "volpe con la memoria lunga"Klaus un puzzolente enorme istrice che non esita a strapparsi un piccolo pungiglione da utilizzare come penna; e Gioele "un cane enorme" che si crede nato da "da un nido di vespe", cresciuto invece da Solomon dopo averlo sottratto ad una cagna per costringerla-lei che vivendo in "una famiglia umana, con dei bambini che imparavano a leggere e a scrivere, a sua volta "aveva appreso qualcosa"-a insegnarlo anche a lui, per poter "sapere che cosa conteneva il suo tesoro".

Tutto è insomma trasferito in un mondo ancestrale, impregnato di istinti ferini primordiali, dove le case sono tane alle quali si può "bussare" e nelle quali però si può mangiare in un piatto. In questa realtà primordiale si insinua un terzo personaggio che sia Solomon che Archy avvertono di continuo dentro la loro quotidianità: un Dio di cui si cerca di stabilire l'identità, se maledetto o salvifico, nel cui nome si depositano i tanti perchè dell'esistenza umana, ma pure le ricierche di giustificazione delle proprie azioni e altro ancora. Un Dio che Solomon vive attraverso un "tesoro" conteso, una Bibbia, sentendolo come padre ma anche usandolo come crede; e che Archy sente come uno "che si divertiva con me", un Dio "crudele verso ogni sua creatura, col quale condurre una vita di lotta (e la zoppia sembra richiamare pagine dall'Antico Testamento) tanto che "conoscendo un Dio non puoi non accettare le cose come vengono, da vero animale"; anzi:" Dio mi ha reso animale per mettermi alla prova". Almeno sino alla "pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perchè noi siamo crudeli. Dio non aveva commesso altro errore se non quello di averci voluto partecipi, uomini e animali insieme". Ed è una linea narrativa di singolare intensità, con pagine anche notevoli, come quella del Grande Ceppo, "la tana di nessuno" dove si rifugia "chi non ha posti dove andare, o altre cose da vedere". 

Una doppia linea riguarda la memoria: quella metaletteraria, pensando a quelle memorie di Solomon cui si accompagna la dimensione sia della verità che della manipolazione nella riscrittura; e quella personale e dolorosa con la quale non sai se combattere per tacitarla o accoglierla per rivere i momenti più felici. Salvo approdare, da parte di Archy, a intrappolare" la mia prigione nella carta", così ritrovandosi " di nuovo libero, e triste" e alleggerendo l'ossessione della morte. E' il filo rosso che attraversa quest'esordio: il potere coinvolgente della parola scritta. Quando, come qui, si da densa, intensa e insieme sciolta.

 


 

Nessun commento:

Posta un commento