“Nulla mi sconvolge. Sono uno scienziato.” Indiana Jones, I Predatori dell'Arca Perduta
Non si può non guardare con affetto e divertito interesse alle avventure di Indiana Jones. Una saga che ha attraversato gli anni e ci ha riportato all'avventura dell'adolescenza e della gioventù, ispirando interessi e valutazioni su miti e scienza, misteri e geografie dell'anima. Assistere dunque alla fine di tutto ciò (nell'ultimo film "Indiana Jones e il quadrante del destino") porta con se un poco di malinconia e di senso d'abbandono ma l'entropia non perdona, ne tantomeno le lancette dell'orologio non possono essere riportate indietro (sebbene in questo ultimo film il tempo assume una corposa presenza).
Indiana Jones 5: la vecchiaia al di là del mito
di Flavio De Bernardinis da Micromega
Indiana Jones e il Quadrante del Destino, capitolo 5, mostra un eroe ormai solo e rassegnato: la moglie è andata via, e l’unico figlio deceduto, presumibilmente in Vietnam. Pur in tarda età, le avventure comunque non lo abbandonano, affiorando dal periodo storico che fa da matrice all’intera saga, ovvero la dittatura nazista, che interessa direttamente tre film su cinque. Quest’ultimo capitolo è non a caso l’unico a non essere diretto da Steven Spielberg, il quale si ritaglia il ruolo di produttore assieme all’amico e sodale George Lucas. Tutto il film è pervaso da un tono elegiaco sentimentale che il nuovo regista James Mangold, abile tessitore di miti in disarmo, uno per tutti il Silvester Stallone poliziotto grasso e sordo in Copland del 1997, sostiene con convinzione e misura...
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