12 marzo 2025

SCIENZA & AVVENTURE UMANE: La Terra fotografata dallo spazio (e un libro incantato)

EARTHRISE (1968) La celeberrima immagine della Terra che sorge sulla Luna, fotografata dall'astronauta William Anders dell'Apollo 8.


Dedicato ai terrapiattisti e 
ai negazionisti dell' Uomo sulla Luna: Footprints on the Moon, 1970 Johnny Harris

Pochi articoli racchiudono tanta poesia intrisa di una scienza umana che fa commuovere. Le parole di Gaia Manzini ci guidano in una scoperta osservativa del nostro pianeta da fuori, capaci di mostrarci la vera essenza della Terra e mettendo a nudo i paradossi e le aporie dell'essere umano, della sua vita tumultuosa e aliena al senso reale della Natura.


   


Nel cuore nero del cosmo, sei astronauti viaggiano in orbita attorno alla Terra, a bordo di una stazione spaziale. Vengono dall’America, dalla Russia, dall’Italia, dalla Gran Bretagna e dal Giappone, e sono partiti per studiare il silenzioso pianeta blu, su cui scorre intensa la vita da cui sono esclusi: un matrimonio in crisi, un funerale, un fratello ammalato, un tifone che minaccia devastazione. Li vediamo nei brevi momenti di intimità in cui preparano pasti disidratati, fanno ginnastica per non perdere massa, dormono a mezz’aria in assenza di gravità, stringono legami tra loro per sottrarsi alla solitudine. Ognuno è preso dai propri pensieri e dal proprio passato terrestre, ma più scorre il tempo più cominciano a sentirsi parti di un unico corpo – Pietro la mente, Anton il cuore, Roman le mani, Chie la coscienza, Shaun l’anima e Nell il respiro. Profondo e commovente, Orbital è un canto d’amore alla bellezza dell’universo e del nostro pianeta, che osservato da lontano diventa prezioso e precario, un gioiello sospeso nell’infinito, un paradiso da proteggere. Con voce incantata, Samantha Harvey ci ricorda che di fronte all’immensità del tempo e dello spazio siamo solo piccole foglie al vento, e che la nostra esistenza è scritta dal futuro che riusciamo a sognare.


LA TERRA FOTOGRAFATA DALLO SPAZIO

di Gaia Manzini da Il Post


 Avrò avuto otto anni.

Mio padre tornò a casa da un viaggio di lavoro con un poster arrotolato che era alto quasi quanto lui. Lo stendemmo insieme sul pavimento e poi lo appendemmo sulla parete proprio sopra il mio letto. La cartina del mondo. No anzi: una grandissima foto satellitare – forse l’insieme di molte foto satellitari – che riproduceva la Terra. La testa sfumata e gialla dell’Africa, l’immensa estensione dell’Asia, il violetto dell’Himalaya, le isole sparse come coriandoli nel Pacifico e tutte le increspature e le gibbosità che formavano il quadro astratto degli oceani, con quel punto indicibile e seghettato come il dorso di un drago, la fossa delle Marianne, che sapevo essere il punto più profondo del globo. Così profondo da essere vicino al cuore della terra, pensavo. Ho trascorso tutta la mia infanzia e adolescenza con il mondo sopra la testa...

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