Oggi è il Primo Maggio. E come ogni anno, vedremo cortei, discorsi, celebrazioni. Ci diranno che il lavoro è dignità, che è il motore della società. Ma c’è un problema, per troppi, il lavoro è sfruttamento, precarietà, rischio. Per alcuni, il lavoro è persino morte.
Ogni giorno, uomini e donne escono di casa per guadagnarsi da vivere. Alcuni però non tornano. Incidenti, condizioni insicure, aziende che preferiscono risparmiare sulla sicurezza piuttosto che proteggere le vite. Basta leggere le notizie: morti sul lavoro, una strage silenziosa che sembra non indignare abbastanza.
E chi lavora e sopravvive? Per molti, la fatica non basta a garantirsi una vita dignitosa. Contratti instabili, salari che non permettono di arrivare a fine mese, turni massacranti. Eppure, mentre i lavoratori fanno i conti con queste difficoltà, le grandi aziende registrano profitti record. Dov’è la giustizia in questo?
Il Primo Maggio non può essere solo una celebrazione. Deve essere un grido di protesta. Perché il lavoro senza diritti è sfruttamento. Perché la sicurezza non è una concessione, ma un diritto. Perché nessuno dovrebbe morire per guadagnarsi da vivere.
Oggi non festeggiamo. Oggi denunciamo. E se vogliamo che il Primo Maggio abbia ancora senso, dobbiamo pretendere che ogni giorno dell’anno si combatta per un lavoro giusto, sicuro, dignitoso.
Monica Faridone
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