01 marzo 2023

AMBIENTE: A trent'anni dalla morte di Laura Conti, una donna che ha anticipato i tempi

                                             

Volevo segnalare un libro molto importante che è stato ristampato recentemente a marzo del 2022 e che ha segnato la visione del mondo di molte persone compreso il sottoscritto. Si tratta di QUESTO PIANETA (1983) di Laura Conti (1921-1993), partigiana, medico, ambientalista, divulgatrice e, potremmo affermare, la creatrice dell'ecologia italiana, della quale quest'anno si celebrano i trentanni dalla sua morte.


Questo testo, pubblicato nel 1983( dunque quaranta anni fa), vera pietra miliare per comprendere come veramente abitiamo e occupiamo questo pianeta, già allora ha rappresentato un vero insegnamento ambientale nel raccontare i meccanismi del nostro ecosistema globale ma anche la storia dell'uomo al suo interno e i pericoli che Laura già segnalava con molto anticipo sui tempi. A seguire un'articolo, sulla sua figura, tratto dalla rivista La Nuova Ecologia fondata da lei stessa e l'Introduzione dalla nuova ristampa del testo. QUESTO PIANETA dovrebbe essere usato come libro di testo nelle scuole. Non perdetevelo.

Giorgio Giannoni



Laura Conti, una donna che ha anticipato i tempi

di Valeria Fieramonte da La Nuova Ecologia

Ho scritto La via di Laura Conti, per una sorta di ribellione contro la strisciante damnatio memoriae nei suoi confronti, una scomparsa dai radar della memoria storica comune a molte donne che hanno dato contributi scientifici anche determinanti. Persino chi parlava bene di lei, nel frenetico copia incolla della rete, sembrava assommare sentito dire a sentito dire, senza quasi mai risalire alle fonti, ovvero i suoi 26 libri e qualche altro scritto...

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QUESTO PIANETA di Laura Conti

INTRODUZIONE

Prefazione di Marco Martorelli (marzo2022)

Ventinove anni dopo...Il libro di Laura Conti che vi apprestate a leggere – la terza edizione di Questo pianeta – avrebbe dovuto essere pubblicato ventinove anni fa. Per comprendere le cause della mancata pubblicazione nel 1993 e le ragioni che giustificano oggi la riproposizione del libro conviene ripercorrere brevemente l’ultima parte della vita dell’autrice.

Nel 1984, un anno dopo l’uscita della prima edizione di questo libro, Laura Conti aveva deciso di andare in pensione come medico e di non accettare più cariche pubbliche, per dedicarsi soprattutto allo studio e alla scrittura. Pochi mesi dopo questa decisione, in un articolo per la rivista Il piccolo Hans, descriveva questa nuova fase della sua vita: “Ho cercato in tutte le cartolerie e in tutti i grandi magazzini della città ma non si trovano che agende molto scadenti: nemmeno 53 settimane all’anno e solo sette giorni per ogni settimana miserella. Come si fa con tutte le piccole biblioteche civiche e tutti i circoli della più varia ragione sociale che chiedono dibattiti sull’ecologia? Il mio cardiologo inorridisce quando vede con quale difficoltà riesco a inserire l’appuntamento per l’elettrocardiogramma di controllo nell’agenda dalle pagine strapiene: aveva pensato (e l’avevo pensato anch’io) che ritirandomi dall’attività politica e dall’attività professionale, e mettendomi in pensione, avrei potuto condurre una vita più igienica: a letto presto tutte le sere, passeggiata per il viale tutte le mattine. Invece...”.

Invece gli ultimi dieci anni di Laura furono caratterizzati da un’attività quasi frenetica: si dedicò instancabilmente a diffondere la consapevolezza dei grandi problemi ambientali e ad affermare l’urgenza di un’azione politica per risolverli. Furono anni di forte impegno culturale e politico, con la Lega per l’Ambiente e alla Camera dei deputati (a malincuore, Laura aveva accettato di farsi eleggere nel 1987): campagne d’informazione, corsi per università verdi, progetti locali e nazionali, dibattiti, proposte di legge...

Furono anche anni di studio: Laura leggeva tantissimo e molto velocemente; si documentava risalendo alle fonti, interpellando specialisti, sollecitando ricerche e approfondimenti (proprio per la revisione di questo libro, incontrò più volte uno specialista di fisica dell’atmosfera per avere chiarimenti dopo la pubblicazione del primo rapporto del comitato intergovernativo sul cambiamento climatico). Ma furono anche anni sofferti: tra il 1989 e il 1990, l’aver sostenuto un punto di vista scomodo in materia di legislazione sulla caccia le costò l’isolamento e l’ostracismo proprio da parte della Lega per l’Ambiente, che aveva contribuito a fondare. E non fu il disaccordo a ferirla, ma il metodo “bulgaro” con cui la direzione della Lega per l’Ambiente troncò il dibattito, emarginandola. Poté esporre pienamente il proprio punto di vista solo nel suo ultimo libro, Discorso sulla caccia (1992).

Alla fine del 1991 Laura decise di impegnarsi nella revisione e nell’aggiornamento di Questo pianeta e di Che cos’è l’ecologia, in vista di nuove edizioni. A causa del peggioramento delle sue condizioni di salute, mi chiese di assisterla nel lavoro: fu per me come fare un balzo di vent’anni indietro nel tempo, tornando ai primi anni ’70 quando, da giovane redattore, avevo seguito con passione l’edizione di alcuni dei suoi saggi (tra i quali, proprio Che cos’è l’ecologia). Il lavoro subì una pausa alla fine del 1992, quando Laura dovette essere ricoverata in ospedale in pericolo di vita. Appena dimessa, pur consapevole che la situazione cardiocircolatoria era gravemente compromessa, si rimise all’opera. La revisione dei due saggi si concluse nell’aprile del 1993, quando Laura mi consegnò il testo della Premessa e le indicazioni per la sistemazione dell’ultimo capitolo di Questo pianeta.

Stava lavorando a un nuovo libro, quando fu interrotta dalla morte nella sua casa di Milano il 25 maggio 1993.

Fino a poco prima della morte, Laura aveva svolto un ruolo politico e culturale rilevante, che sui temi ambientali si può ben definire di primo piano. Le sue idee, il suo insegnamento, le sue proposte erano alla base dei progetti e delle iniziative di una parte importante del movimento ambientalista.

Eppure meno di un anno dopo la sua morte il nome di Laura era praticamente sparito dal dibattito e dalle fonti culturali di quello stesso movimento al cui sviluppo aveva contribuito in modo determinante. L’editore che aveva sollecitato da Laura le terze edizioni di Questo pianeta e Che cos’è l’ecologia si dichiarò non più interessato. Nessuna delle istituzioni con cui Laura aveva collaborato volle assumersi il compito di custodire e valorizzare il suo archivio e la sua biblioteca (solo nel 2000 la Fondazione Micheletti dimostrò una lungimiranza che era mancata ad altri). Ancora nel 2004 la proposta di ripubblicare due suoi libri come allegati a l’Unità fu respinta con la motivazione che si trattava di “argomenti vecchi”.

Di quella rimozione c’è un’anticipazione profetica in questo libro: nella sua Premessa, Laura attribuisce il ripiegamento della sinistra e del movimento ambientalista nei primi anni ’90 all’accettazione dell’ineluttabilità del sistema capitalista e alla rinuncia a mettere in discussione il suo modello di sviluppo globale. Era forse inevitabile che ciò comportasse il ripudio dei tratti più caratteristici dell’opera di Laura: l’ambientalismo scientifico, l’approccio rigoroso alla realtà, l’assenza di pregiudizi e anche il saper andare controcorrente, senza paura di trovarsi in minoranza.

Negli ultimi anni si sta tuttavia sviluppando a livello mondiale, specie tra i giovani e i giovanissimi, un rinnovato movimento ambientalista, che si fa strada anche nel nostro paese. La presa di coscienza degli effetti – a breve e lungo termine – del cambiamento climatico e del degrado ambientale ha riportato all’ordine del giorno temi che parevano dimenticati: riduzione dei consumi di materia ed energia; azioni efficaci contro l’inquinamento ambientale; freno alla crescita demografica; contrasto alle disuguaglianze.

La pandemia e le recenti crisi geopolitiche ed energetiche segnano la fine di una fase storica e costringono a un coraggioso ripensamento sul futuro, che non può limitarsi alla soluzione di singoli problemi ambientali, sanitari e sociali, ma implica un cambiamento complessivo del modello di sviluppo. In proposito Laura ha ancora molto da dirci, come dimostra questo libro.

Oltre a rappresentare un testo fondamentale dell’ambientalismo scientifico, Questo pianeta è una lettura piacevole e stimolante: con uno stile inimitabile, Laura riesce a “narrare” ragionamenti scientifici e cicli biologici, evoluzione delle specie e sviluppi tecnologici, in un percorso che partendo dall’origine della vita giunge al presente che ne minaccia l’estinzione. Anche se taluni esempi sono inevitabilmente datati (la legge Merli è stata abrogata, ma le nuove norme non hanno migliorato la situazione; l’Enel non è più monopolista dell’energia elettrica, ma la logica del settore non è cambiata), i problemi analizzati in questo libro sono tuttora irrisolti, e anzi molto aggravati. E i “cinque programmi irrinunciabili” dell’ultimo capitolo possono essere sottoscritti oggi senza esitazione.

Marzo 2022 

Marco Martorelli

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        Premessa di Laura Conti (aprile 1993)

Mi accingo a licenziare questa terza edizione, a dieci anni dalla pubblicazione della prima, in un contesto per molti aspetti profondamente mutato, di cui è impossibile non tenere conto.

Bersagli e destinatari immaginari del libro erano, nelle precedenti edizioni, due uomini di cultura di sinistra, che avevo designato scherzosamente come il Filosofo e l’Architetto, non perché fossero particolarmente rappresentativi di quelle categorie, ma semplicemente perché laureati uno in filosofia e l’altro in architettura. I loro nomi non avevano alcuna importanza e nemmeno i loro studi e le loro professioni: davvero importante è invece esaminare e contestare le loro convinzioni, perché i lettori del libro conoscono altri filosofi e altri architetti (e muratori e ragionieri e idraulici e ingegneri...) che la pensano allo stesso modo.

Il Filosofo è un vecchio amico, a lungo deputato del PCI, che incontrai per caso dopo molti anni. Avendo letto il mio primo libro sull’ecologia e gli articoli che scrivevo per giornali e riviste sui temi ambientali, mi accusò affettuosamente di non essere più marxista: aveva infatti constatato che non credevo all’illimitata capacità dell’uomo di dominare la natura, e più in generale di risolvere i problemi che lo interessano; un concetto, secondo lui, profondamente antimarxista. Devo ammettere che, pur considerandomi marxista, non ho mai creduto a una simile illimitata capacità della specie umana di dominare la natura e non mi turba per nulla che in alcune pagine di Marx affiori il concetto di una qualche capacità illimitata del lavoro umano. Invece mi preoccupava – e mi preoccupa – il fatto che molti marxisti, e ancor più numerosi non marxisti, siano fermamente convinti delle illimitate capacità dell’uomo di dominare la natura. Mi preoccupa perché si tratta di una convinzione profondamente errata: i limiti alla capacità umana di dominare la natura ci sono, e sono anche paurosamente vicini. Questione di decenni? Di secoli? Non lo so: ma persino i secoli sono paurosamente brevi, soprattutto se la catena delle cause e degli effetti è difficile da spezzare.

Qualche tempo dopo, incontrai l’Architetto, uno studioso che stimo molto, uscito dal PCI per certe critiche alla politica di “compromesso storico” che avevo in gran parte condiviso. In questo caso, l’incontro avvenne per corrispondenza: nell’ambito di una ricerca sui parchi, sulle riserve naturali e più in generale sulla politica di difesa della natura nel nostro paese, avevo intervistato per iscritto, mediante un questionario, diverse personalità della politica, della cultura, della scienza. Tra le prime risposte che ricevetti vi fu la sua. Mi scriveva che una politica dei parchi non può trovare la propria ragione nella necessità di difendere la natura contro le aggressioni umane, in quanto la natura ha in se stessa la capacità di difendersi contro ogni aggressione, e di trovare sempre nuovi equilibri. Ebbi di nuovo una sensazione di distanza galattica, di comunicazione impossibile.

Il Filosofo e l’Architetto sostengono posizioni diverse, ma in un certo senso convergenti: il Filosofo parla di un’illimitata capacità dell’uomo, l’Architetto di un’illimitata capacità della natura. Il Filosofo è convinto dell’illimitata capacità dell’uomo di modificare la natura senza rendere impossibile la permanenza sul nostro pianeta degli organismi viventi; l’Architetto è convinto dell’illimitata capacità della natura di adattarsi alle modifiche apportate dall’uomo e di impedire la scomparsa degli organismi viventi. Per l’Architetto l’uomo “non può” sbagliare, in quanto la natura ha una capacità illimitata di riassorbire i suoi errori e difendersene; per il Filosofo l’uomo “potrebbe” sbagliare in maniera irreparabile, ma non lo farà in quanto è bravo. Queste due visioni diverse convergono in una sola conclusione: sia il Filosofo che l’Architetto sono sicuri che tutti gli errori dell’uomo saranno – in un modo o nell’altro – sempre riparati, o dall’uomo stesso o dalla natura; entrambi credono fermamente che tutti i bisogni umani troveranno sempre soddisfazione, indipendentemente dal numero degli esseri umani e dall’entità dei loro bisogni, su un pianeta che continuerà a essere popolato di organismi viventi.

Nacque così l’idea di un libro destinato a sfatare questi strani miti, che non sono diffusi solo nelle file della sinistra politica e sindacale, ma anche negli ambienti e negli schieramenti più disparati (sospetto, per esempio, che ai vertici di Confindustria la convinzione di un’illimitata capacità dell’Uomo, o meglio dell’Imprenditore, di dominare la natura sia profondamente radicata).

In questi anni, sono stata spesso sollecitata a pubblicare una nuova edizione del libro e, soprattutto ultimamente, sono stata più volte invitata a liberarmi dell’Architetto e del Filosofo, considerati personaggi ormai troppo “datati” (o troppo “scemi”, come li ha definiti, con scarso rispetto, una lettrice). In questa nuova edizione ho quindi deciso di abbandonarli: spero che non se la prendano troppo.

Ed effettivamente, in questi dieci anni molta acqua è passata sotto i ponti della storia italiana e mondiale, e anche i miei lettori sono cambiati. Molti tra i giovani che incontro partecipando a iniziative in giro per l’Italia hanno esperienze e formazioni culturali assai diverse da quelle dei lettori di dieci anni fa.

D’altra parte, anche il partito in cui militavo ha scelto, con motivazioni piuttosto nebulose, di sciogliersi (mentre avrebbe potuto portare avanti con maggiore energia le proprie idee, essendo ormai liberato anche dal residuo sospetto di immaginari legami con l’URSS). Il fatto più triste è che molti, anche nel PCI, hanno vissuto il collasso del cosiddetto “socialismo reale” come la sanzione dell’ineluttabilità del sistema capitalista e si sono prontamente adeguati: alcuni si sono precipitati a spiegare di non essere mai stati davvero comunisti, altri hanno assicurato di non aver mai letto una riga di Marx (un curioso motivo di vanto...). Sembra si trovino ancora dei marxisti tra quelli che il PCI considerava “eretici” (cioè proprio i più critici nei confronti dell’URSS) o mal sopportati “disturbatori” (categoria di cui ho sicuramente fatto parte e a cui intendo continuare ad appartenere).

Di questo nuovo clima sembra stia risentendo anche il mondo dell’ambientalismo, che per sua natura dovrebbe contestare il modello di sviluppo capitalistico, in quanto principale causa della devastazione dell’ambiente naturale. In uno degli ultimi dibattiti cui ho partecipato, una giovane ha espresso la desolata convinzione che le forze politiche di sinistra concedano alle istanze ambientaliste solo un riluttante sostegno di facciata e che, a loro volta, i movimenti ambientalisti siano sempre più orientati ad azioni simboliche o locali, prive di un progetto capace di attrarre e mobilitare i cittadini e le comunità. Avrei voluto poterle dire che si sbagliava, ma temo che non avesse tutti i torti.

Per contrastare questa strana e pericolosa deriva, dobbiamo tornare a studiare e tornare a progettare il futuro, sapendo che il tempo a disposizione per cambiare rotta è poco, e si riduce rapidamente.

Laura Conti  Aprile 1993

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