31 ottobre 2023

CINEMA & MUSICA: Ricordando la musica nei film di Fellini a trent'anni dalla sua scomparsa

 

Federico Fellini sul set di Prova d'Orchestra, 1979

Sarebbe fin troppo facile riportare nell'ennesimo anniversario per la morte di un grande regista le immagini di film che hanno fatto la storia della settima arte. Proviamo allora ad usare un'altra angolazione, tra le tante che appartenevano alla creatività di Federico Fellini (Rimini, 20 gennaio 1920 – Roma, 31 ottobre 1993), come quella relativa alla musica, sottolineando le sue idiosincrasie, le sue aspettive e la sua grande sensibilità nel costruire con grandi musicisti il suono necessario alle sue magiche immagini.


 

La scena finale di 8 e mezzo, 1963

La musica per FEDERICO FELLINI: banale, falsa, insulsa, noiosa, magniloquente, ma, soprattutto, bella

di Gaetano LoPresti da suo blog personale

«La musica è pericolosa. Agisce a un livello così profondo e inconscio da diventare pericolosa…E’ un fatto estremamente misterioso che non so bene con cosa ha a che fare. Ma io avverto sempre nella musica una specie di minaccia, un risucchio pericoloso

Questa confessione, fatta, il 10 gennaio 1979, nel programma radiofonico “Voi ed io”, è illuminante sul rapporto che Federico Fellini aveva con la musica che pure tanta importanza ha avuto nei suoi film. Immaginifico, come sua abitudine, il regista ne faceva risalire la causa al trauma subito ascoltando troppo da vicino i timpani durante una rappresentazione de “I cavalieri di Ekebù” di Riccardo Zandonai. Il risultato fu, comunque, che bastava «che qualcuno battesse un tempo con le dita su un oggetto per esserne turbato.»

L’atteggiamento cambiava radicalmente quando, invece, serviva per i suoi film. In questo caso doveva essere, però, rassicurante, rifacendosi ai suoi ossessivi archetipi musicali che andavano dalla “Marcia dei gladiatori” a “La Titina”, da “In un mercato persiano” di Ketèlbey ad “Abat-jour”.

Impareggiabile nel sostituire a questi suoi fantasmi ricorrenti dei bellissimi temi originali fu Nino Rota, il compositore che dal 1952 al 1979, quando morì, musicò con esiti miracolosi tutti i suoi film: da “Lo sceicco bianco” a “Prova d’orchestra”.

Ci riuscì, probabilmente, anche per la sua capacità di vivere la musica quasi in percezione extrasensoriale. «Improvvisamente, nel mezzo del discorso, metteva le mani sul pianoforte e partiva, come un medium.- ricordava Fellini- Si produceva come una rottura del contatto, e sentivi che non ti seguiva più, non ti ascoltava più, come se i concetti, le spiegazioni, i suggerimenti ostacolassero il corso creativo. Solo che, come un vero medium, una volta rientrato in sé, Nino non ricordava quello che aveva appena suonato. Fu per questo che decisi di collocare dei registratori nella stanza durante i nostri incontri, ma bisognava metterli in azione senza che lui se ne accorgesse, altrimenti il contatto con la sfera celeste si interrompeva

Dove Rota riuscì a toccare maggiormente la sensibilità musicale di Fellini fu, in particolare, con la sequenza cromatica della strofa del tema di “Amarcord”, al cui ascolto immancabilmente si commuoveva.

Come ha notato Nicola Piovani, l’autore che compose le musiche per i suoi ultimi tre film, il motivo era molto simile alla strofa di “Coimbra”, altra musica cara al regista. «Nei semitoni discendenti di quella strofa dolente– scrive Piovani nel suo libro “La musica è pericolosa”- c’è la radice di tutto ciò che, nell’espansione inventiva e geniale di Rota, sarebbe divenuto il luminiscente mondo musicale che ancora ci stupisce e ci euforizza, l’universo fatto di marcette, cromatismi e lampi melodici che chiamiamo, con un aggettivo, inequivocabile, felliniano

Nello stesso libro Piovani accenna a quali erano state le indicazioni che Fellini gli aveva dato per la composizione del film “Ginger e Fred”. «La musica– gli disse- dovrebbe suonare qualcosa di simile alle musiche banali che, in genere, accompagnano questo tipo di show televisivi…Hai presente quelle musiche gaglioffe, che alludono a un’allegria un po’ falsa e un po’ insulsa?..Quelle musiche che danno un malinconico senso del vuoto per la loro ripetitività…e che raccontano praticamente solo la noia pomeridiana domenicale dei finti sorrisi con la loro melensa vacuità…con un’orchestrazione magniloquente e inutile.» Per, poi, concludere: «Oh, mi raccomando, fammela bella la musica

Nessun commento:

Posta un commento