Certamente tra le varie maniere con le quali rendiamo problematica la nostra quotidianità di esseri umani, questa è la più folle e subdola che potevamo inventarci. L'uso smodato della plastica e il suo demente spargimento per l'ambiente dove vivamo pare oramai senza alcun controllo.
Non trinceriamoci dietro alle percentuali di riciclo presentate che Corepla, il Consorzio nazionale che gestisce il ciclo dei rifiuti plastici nel 92% dei Comuni italiani, e del Conai, il Consorzio nazionale degli imballaggi , ci presentano. Dietro la nostra fama di fuoriclasse, infatti, si cela un sistema che non raggiunge il 50% di riciclo effettivo della plastica. A svelarlo è l'inchiesta di Greenpeace “Plastica, Italia campione del riciclo?”, che rivela una realtà fatta di numeri gonfiati e calcoli poco trasparenti, dove si includono anche i materiali destinati a scarto. Dunque l'articolo che segue ci permette di comprendere cosa significhi convivere con le microplastiche che oramai vengono ritrovate ovunque, tessuti biologici compresi, e stiamo cominciando solo ora a capire quali danni possono comportare.
La plastica che abbiamo dentro
di Agnese Codignola da Il Tascabile
Un involucro di Mars con la pubblicità dei Mondiali di calcio del 1994. Contenitori per hamburger di McDonald’s dei primi anni Novanta. Buste di patatine come Lay’s, e di snack e dolciumi dei marchi globali come Bounty, Kit Kat, M&M’s, Kinder Bueno e Twix degli ultimi tre decenni. E poi mascherine, tante, di diverse fogge e a vari stadi di logoramento, ma tutte ideali per realizzare una pavimentazione comoda e sicura. Si trova questo e altro, nei nidi delle folaghe dei canali di Amsterdam: plastica raccolta nelle strade e nelle acque anno dopo anno, che gli uccelli lasciano lì anche quando migrano, perché sanno che la ritroveranno solo un po’ più logora, e che questo permetterà loro di risparmiare tempo e fatica, quando deporranno le nuove uova...
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