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Fabio Cantelli Anibaldi |
Ho sempre pensato che la musica fosse, per molti versi, una sorta di veicolo verso il Senso del Sacro, verso quelle profondità inconsce che, dalla nascita fino alla morte, ci accompagnano con quel bagaglio di paure e di irrisolvibile ansietà che comportano. La musica come mezzo per entrare in sintonia con i ritmi interni, arcaici che ci costituiscono, qualsiasi tipo di musica che preferiamo, ma nello stesso tempo, un qualcosa di taumaturgico, di portentoso proprio per sollevarci e infonderci più coraggio.
G.G.
Musica, mistica e droga. Platone, Freud, David Bowie
di Fabio Cantelli Anibaldi da Limina
Quando, in passato, mi è capitato di riflettere sul rapporto tra musica e droga, mi sono sempre tornate in mente quelle pagine del terzo libro della Repubblica lette al liceo, in cui Platone parla della musica e della poesia come di arti nocive alla paideia, ossia all’educazione dei fanciulli futuri cittadini di una società perfetta perché ispirata dalla visione iperuranica, ultra-sensibile, delle idee di giustizia, bellezza, verità. Platone non tratta ovviamente di un eventuale rapporto tra musica e droga – anche se stupefacenti naturali esistevano già nel quarto secolo avanti Cristo, probabilmente usati nei riti iniziatici che si svolgevano a Eleusi, i cosiddetti “misteri eleusini” – ma parla della musica stessa come di una droga...
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