23 ottobre 2022

MUSICA PROGRESSIVA ITALIANA : LA PRIMA RICERCA SONORA DI FRANCO BATTIATO





Franco Battiato rimane una figura atipica nel panorama cantautorale italiano sia per l'approccio musicale, sia per un suo vissuto personale di ricerca e di autodeterminazione. Basti ricordare i suoi esordi con album di pura avanguardia come Fetus o Pollution del 1972 dove, per la prima volta , si intessevano incredibili mescolanze di note, nuove sonorità, affabulazioni di ricerca, strumenti particolari, rumoristica o un'uso dell'elettronica innovativo unito a presentazioni e modi sul palco mai visti.

Ma è nel terzo album del 1973, Sulle corde di Aries, dove la prima parte della carriera di Battiato raggiunge il suo vertice. Un album come questo non solo è una colonna portante della musica progressive italiana di molti anni fa, ma molto, molto di più. Le sonorità evocative di cui sono portatori i brani ci riporta all'eterno viaggiare in luoghi sconosciuti, esotici, mitici che tutti noi abbiamo percorso, probabilmente, in qualche sogno. Una ricerca sonora, sebbene non propriamente di cosidetta musica colta, che si muove su note arcane, riferimenti autobiografici e ancestrali come primordiali sono i suoni, paradossalmente, dei primi sintetizzatori e della kalimba africana, uniti nel risuonare di archetipi aldilà del tempo e dello spazio.





A seguire due recensioni che danno reale significato all'opera perchè lontane nel tempo e nello spazio. La prima tratta dal libro di Riccardo Storti, Fisiognomica di un cantore del 2012 e quella di Enzo Caffarelli da Ciao 2001 del 1973. Non c'è da aggiungere altro, basta ascoltare.



"Dopo le scorribande live di Pollution, Battiato è già stufo di quel personaggio indossato sempre più a fatica. Troppo provocatorio, tanto che nell'azione scenica il gesto consapevole del "fare arte" richia di confondersi con la mossa gratuita fine a se stessa.

Siamo sul limitare di un percorso interiore che matura grazie a letture profonde. Potremmo, in parte, circoscrivere a questo periodo il primo approccio con la filosofia di Georges Ivanovic Gurdjieff. I frutti più maturi di questo scavo giungeranno molto più in la', ma il sasso è stato lanciato.
Le ripercussioni pratiche sull'artista sono rappresentate da un album più denso, impalcato soltanto su quattro tracce, i testi ridotti a un ermetismo essenziale con lievissimi agganci autobiografici e ampie parti strumentali affidate a due reduci di Pollution(Mocchetti e D'Adda), più alcuni camei di pregio. Infatti nel disco suonano Gianni Bedori (più noto come Johnny Sax), Jane Robertson (violoncellista dell'Organic Music di Don Cherry) e i fiatisti Davide Cavallanti (degli Aktuala) e Gaetano Galli. Il comparto vocale, oltre a Battiato, vede la duplice presenza femminile di Jutta Nienhaus (cantante degli Analogy) e del soprano Rossella Conz.
Meno elettronica e più sonorità acustiche per impasti timbrici caldi, costruiti con nitore e con discreto rigore.



Siamo ancora in un ambito free, ma sul piano della programmazione discografica si individuano i contenuti di un progetto sempre meno velleitario. Chi, magari, ha iniziato a ascoltare Battiato negli anni 80, può già intuire certi tratti affascinanti: la magia vocale evocativa e unica nel panorama italiano, una paradossale spinta esotica verso altri mondi risvegliati- maiueticamente- dentro di noi.
Non sono ancora le balinesi con candelabri in testa (Voglio vederti danzare) o gli studenti di Damasco vestiti tutti uguali (L'era del cinghiale bianco), però grazie alle dilatazioni di Sequenze e frequenze o di Da Oriente a Occidente, passando per Aria di rivoluzione, siamo in viaggio su un tappeto volante lanciato dalla Sicilia all'Africa attraverso il Mediterraneo; poi si risale in Medio Oriente, verso le steppe asiatiche.



C'è il linguaggio diretto della canzone, ridotta quasi a sequenza aforistica , mediata dall'incontro e scontro di EMSVCS3 e kalimba, mandole e piani preparati.
E' un Battiato più evoluto che, pur fermo in ambito pop, guarda tanto al minimalismo americano quanto alle metamofosi spaziali di Stockhausen; tanto ai corrieri cosmici tedeschi quanto a un concetto radicale di musica etnica".(Da Fisiognomica di un cantore Riccardo Storti Ed. Aerostella

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Terzo album di Franco Battiato, e di sicuro il più interessante e maturo. Se con i precedenti, appigliandosi ad elementi ecologici e scientifici in genere, Franco aveva soprattutto curato propositi di distruggere, demistificare, con la muova opera - ed era ora -, la sua preoccupazione è quella di creare: creare una musica libera, "totale" per usare un termine caro a certi osservatori, che trova nell'elettronica la sua ragione d'essere Musica biologica: Battiato non rinuncia a questa definizione, anche se si è staccato dalle tematiche precise di "Fetus" e di "Pollution". 
E stavolta la giustifica come "musica
viva, tonificante, da respirare piuttosto che da digerire, specie di flusso capace di dare
inedite, più vigorose pulsazioni all'organismo
".
Rispetto alle esibizioni dal vivo di quest'anno, direi che Battiato è più composto e maturo, e la sua ricerca più costruttiva, anche perché la sala di registrazione offre diverse garanzie da un qualsiasi palcoscenico. In ogni modo il repertorio è simile; specie la lunga "
Sequenze e frequenze", che occupa la prima facciata, era stata più volte sperimentata in concerto.


Sulle corde di Aries (l'ariete è il primo segno dello zodiaco, quello che introduce la primavera) vuol essere un rito di purificazione e di liberazione, tramite il recupero del caprone divino. Qualcosa del genere aveva ispirato anche il guppo del Cervello nel LP "Melos". E il tentativo riesce, perché la musica è costantemente vibrante, di emozioni, come nei liquidi giuochi di tastiere nella parte finale della prima facciata, nella più policroma "Aries", con il tenore di Gianni Bedori in evidenza, o nella più melodica e tradizionaleggiante "
Da Oriente a Occidente", con la chitarra di Gianni Mocchetti e l'oboe di Gaetano Galli.
I pochi e brevi testi, compresi una poesia in tedesco, risaltano come antiche iscrizioni su lapide, circondati da echi soffusi e strane vibrazioni, ma tutta la musica ha un suo sapore ancestrale, ora più inquieto ora più sereno.
Battiato è ancora del parere: "la musica ai non musicisti, la musica è di tutti". Non è il primo ad affermare una simile cosa senza passare per pazzo, né è stato il primo ad ipotizzarre quelle forme di happening in cui viene richiesta la diretta partecipazione del pubblico nel processo sonoro, che diviene perciò aperto, casuale, informe, facendo
cadere qualsiasi barriera tra musicisti e non, tra esecutori ed ascoltatori.
Il critico di musica elettronica Armando Gentilucci ha definito questa visione mistica della musica "mimesi terapeutica, compensazione psichica liberatoria, accettazione passiva del mondo, valvola di sfogo che dovrebbe essere morale, intellettuale e politica
non meno che artistica, e che si scarica invece in uno choc dell'assurdo
". 



In parole povere, chi dà alla non-musica un significato politico, sbaglia clamorosamente. I risultati ottenuti da Battiato sono stati sotto questo profilo disastrosi. Coloro che ebbero il coraggio di salire sul palco su invito dell'artista si saranno forse divertiti, non certo quelli rimasti ad ascoltare.
In un disco come questo, viceversa, non c'è frantumazione del tessuto e voglia di distruggere, non c'è misticismo equivoco, culto della casualità ed esasperazione tecnocratica. C'è una costruzione metodica, centellinata, una operazione condotta con equilibrio: un po' come hanno fatto il maestro Terry Riley e, sulla sua scorta, gente come Mike OldfieldBo Hansson ed altri, con maggiore fantasia di Battiato, ma anche con maggiore platealità.
Battiato, che in fondo è una persona conscia dei propri limiti, entusiasta ma non ambiziosa, non vuol essere il Terry Riley di casa nostra. Piuttosto intende aprire gli orecchi degli italiani a un discorso più vasto, più o meno piacevole, più o meno fruibile, ma troppo importante per essere accantonato ancor prima di essere proposto.

 (Enzo Caffarelli da Ciao 2001-1973)

 

QUI una versione più breve (ma ancor più esaltante) di Sequenze e frequenze dal vivo nel 1981 con:

Giusto Pio:violino  
Tony Dresti :basso elettrico 
Donato Scolese :batteria/vibrafono  
Filippo Destrieri:tastiere

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ARIA DI RIVOLUZIONE

Analogy
 Per concludere una notazione importante (colta in Rete da un anonimo RV) per il brano
Aria di rivoluzione che nel testo alterna le parole di Battiato in italiano con quelle di una poesia in tedesco di Wolf Biermann recitata da Jutta Nienhaus (cantante degli Analogy).
 La notazione è tratta dal sito Canzoni contro la guerra e il testo della poesia è stato tradotto:

"Chi scrive non ha mai apprezzato particolarmente Franco Battiato e le sue canzoni, o comunque non si può certo definire un suo "fan". Con alcune eccezioni, però; tra le quali la presente. Un testo del primissimo Battiato ancora "sperimentale", quello che si presentava ancora con un cespo di capelli "alla Branduardi" per suonare, semisconosciuto, alle case del popolo con il sint sistemato su delle cassette di frutta vuote, davanti a trenta persone. Così lo vidi assieme a mio fratello una sera di lontanissimi anni fa, sentendolo cantare questa strana e bella canzone che, pare, sta vivendo adesso una specie di seconda giovinezza. Non è la sola "perla" che proviene dalla primissima parte della produzione di Franco Battiato; continuo a non stracciarmi le vesti per il catanese, ma anche a riconoscere oggettivamente ciò che ha fatto di bello e, in qualche caso, persino di molto bello. La canzone, pare, contiene un preciso riferimento al padre dell'autore, che faceva il camionista; recitata da Jutta Taylor-Nienhaus, allora solista del gruppo degli Analogy, è inserita l'intera poesia Genossen, wer von uns wäre nicht gegen den Krieg?" ("Compagni, chi di noi non sarebbe contro la guerra?") di Wolf Biermann; una cosa che, a suo 
Wolf Biermann
tempo, anche per la mancanza completa di qualsiasi indicazione nell'album, provocò parecchi "ma cos'è?...". Abbastanza recentemente la paternità dei versi in tedesco è stata svelata da alcuni forum, ed inseriamo qui la poesia biermanniana che rende questa canzone ancora più importante. [RV]


Aria di Rivoluzione:

ARIA DI RIVOLUZIONE
COMPAGNI, CHI DI NOI NON SAREBBE CONTRO LA GUERRA?

Quell'autista in Abissinia
guidava il camion fino a tardi
e poi, a notte fonda, si riunivano.
A quel tempo in Europa
c'era un'altra guerra,
e per canzoni, solo sirene d'allarme.

Però, lo splendore delle stelle del mattino di Müntzer
sopra i contadini in rivolta,
quando tingevano la testa dei loro aguzzini con una luce insanguinata.
Però, la melodia del Katiuscia*
quando, a Natale, urlava “Pace sulla terra”
nelle orecchie gelate dei soldati di Hitler.


Passa il tempo, sembra che non cambi niente
questa mia generazione
vuole nuovi valori.
E ho già sentito aria di rivoluzione,
ho già sentito gridare
chi andrà alla fucilazione.

Però, l'eleganza dei missili automatici
nei cieli di Ho-Chi-Minh
quando danno quel bacio straordinario
alle straordinarie prestazioni meccaniche degli ingegneri di Detroit.
Però, la bellezza della mitragliatrice
in spalla al guerrigliero
quando fornisce al facchino boliviano adeguati argomenti
contro i suoi oppressori, che loro infine capiscono.
Però, quel che è meglio: Poliziotti addestrati contro il popolo,
quando stanno per affogare sbattuti nel fiume delle masse infuriate,
e alla fine, alla fine, invece delle loro armi
stringono la mano salvatrice degli inermi.

 
* I lanciarazzi Katiuscia erano stati soprannominati
"Organi di Stalin" dai soldati tedeschi

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