Forse molti non conoscono la prima matrice progressive di Angelo Branduardi, colto e preparato cantautore nostrano diventato notissimo per brani come Alla Fiera dell'Est o Cogli la prima mela. E' interessante ripercorrere i primi passi di questo cantautore per comprendere come fosse difficile in quegli anni sottrarsi a certe influenze musicali ma anche politiche. Branduardi fu capace di esprimere musica progressiva di grande livello ma anche di scegliere con forza e coraggio il suo cammino successivo. Vale la pena, a seguire, leggere le parole di Carlo Bianchi da DIACRONIE e ascoltare i brani linkati. Sarà una scoperta per tutti.
"Branduardi, prima della svolta etnica che lo avrebbe reso un fenomeno di massa, aveva inciso due album per la RCA rispettivamente nel 1974 e nel 1975 che denotavano una chiara matrice progressive. Questa derivava in parte dalla formazione violinistica classica di Branduardi, al “Paganini” di Genova, che egli aveva accostato fin dall’adolescenza alla scrittura di canzoni con la chitarra. Ancor più decisivo era stato l’incontro con l’arrangiatore e compositore britannico Paul Buckmaster: musicista passato attraverso esperienze diversissime, già violoncellista-bassista della Third Ear Band e direttore del Chitinous Ensemble, aveva collaborato come arrangiatore a dischi di Miles Davis, Elton John e Rolling Stones.
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Branduardi e Buckmaster nel 1974
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Il contatto avvenne su iniziativa di Branduardi, dopo che la RCA aveva rigettato i materiali di un suo primo disco. «A quel tempo Buckmaster era un personaggio assolutamente sulla cresta dell’onda» – ricorda il cantautore. «Gli scrissi una lettera, che immaginavo sarebbe stata cestinata, a cui avevo allegato una cassetta, che lui però non ascoltò mai. Semplicemente, da uomo d’estro qual era, ritenne che quello che avevo scritto nella lettera valesse l’ipotesi di una collaborazione. Io gli devo moltissimo, per tante cose, per tutto quello che ho imparato sul trattamento dei suoni…».
Buckmaster produce Angelo Branduardi (1974) orchestrando archi e fiati, aggiungendo alle canzoni accompagnamenti, sottofondi e intermezzi recitati nella direzione del concept-album (E domani arriverà, Storia di mio figlio, Il regno millenario) richiesto dai discografici (altro contenitore tipicamente progressive). Così, l’esordio di Branduardi, voce, chitarra, flauti e violino in mano, avviene nel segno di una canzone (Il tempo che verrà, Lentamente) ispiratagli sì da alcuni modelli cantautorali (Donovan, Dylan e Brassens, e soprattutto Cat Stevens), ma altresì contaminata con suoni e linguaggi moderni a tratti anche complessi.
Nel disco successivo, La Luna (1975), pur senza Buckmaster, l’impronta progressive permane (Notturno), come notano anche Riccardo Storti e Fabio Zuffanti, grazie all’apporto di alcuni musicisti fra cui Maurizio Fabrizio, arrangiatore e anche lui polistrumentista formatosi al conservatorio di Milano, da cui Branduardi non si separerà più. Oltre alla creatività musicale La Luna conferma anche i temi poetici e le narrazioni senza tempo del primo disco – «la linea così tenue tracciata fra realtà e fantasia» nei versi che il cantautore scrive per una delle sue poche canzoni d’amore – nonché la vena trobadorica che si profilava fin dall’inizio ricorrendo a melodie popolari. Sono infine un marchio gli accompagnamenti chitarristici talvolta raffinati. Spiccano i fraseggi di Confessioni di un malandrino, poesia di Sergej Esenin nella traduzione di Renato Poggioli, con le chitarre classiche di Branduardi e Fabrizio in un intreccio che attirerà l’interesse di riviste specializzate. Gli alberi sono alti, versione italiana di The Trees they do grow high, traditional inglese.
A questo punto avviene la svolta, ma non quella preconizzata da certi discografici. Come Branduardi ha rimarcato in varie circostanze, erano forti le pressioni per scrivere canzoni che parlassero di ciò che accadeva nel paese alla metà degli anni Settanta, fra contestazioni, rivendicazioni operaie e strategie della tensione, incombenti gli anni di piombo. L’attenzione alla cronaca sarebbe un modo per vendere di più. Invece, un altro incontro, quello con David Zard e suo fratello fratello Dory, accentua le propensioni favolistiche di Branduardi, unite a quelle della moglie Luisa Zappa, già sua collaboratrice per i testi come Maurizio Fabrizio lo è per la musica, sospingendo la fantasia verso zone ancora più lontane. Alla fiera dell’est, album inciso ora per la Polydor, presenta come title track un antico canto della Pasqua ebraica suggerito dallo stesso Zard, pure lui giunto in Italia come profugo fra gli ebrei di Libia. Nel disco ci sono altri brani folk dell’Europa periferica, fra cui già si affacciano con forza quelli celtici (scozzesi o irlandesi) ricercati alle fonti nelle Child Ballads oppure in gruppi come i Pentangle , ( Lord Franklin live 2022) o ancora nelle collaborazioni con Alan Stivell.
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Angelo Branduardi oggi
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Nonostante Branduardi col suo entourage fosse stato messo in guardia da certi produttori – «se lei non parla di piazze, fabbriche e cortei, non andrà da nessuna parte. Altro che il topolino, il gatto e l’angelo della morte»– Alla fiera dell’est resiste a un’iniziale indifferenza del mercato e finisce col riscuotere un poderoso successo di vendite; ma vince anche il premio della critica discografica italiana 1977. «Non lo dico con tono polemico, ma il direttore artistico della Polydor, non era italiano» – avrebbe rimarcato il cantautore molto tempo dopo. I riconoscimenti artistici e commerciali proseguiranno ancora più soddisfacenti, anche all’estero, con i due album successivi, La pulce d’acqua (1977) e Cogli la prima mela (1979, inciso in Germania). La formula risulta vincente sia per motivi musicali, sia testuali. L’apertura di un contenitore di massa come la canzone popular verso la musica etnica andava di pari passo con un’ansia di rinnovamento sociale che da tempo si profilava in quanto apertura alle culture lontane e agli strati subalterni delle popolazioni, ma era in generale la fantasia e l’immaginazione che le istanze del Sessantotto avrebbero voluto mandare al potere, l’altra matrice profonda".
(da DIACRONIE studi di Storia Contemporanea)
MUSICISTI
- Angelo Branduardi - voce, flauto dolce, chitarra acustica, chitarra a 6 corde, chitarra a 12 corde
- Giorgio Rosciglione - basso, contrabbasso
- Marcello Faneschi - pianoforte, Fender Rhodes
- Silvano Chimenti - chitarra acustica, chitarra elettrica
- M' Tume N'Ganga - flexatone
- Paul Buckmaster - pianoforte, basso, organo Hammond, Fender Rhodes
- Guglielmino Prestone - organo Hammond
- Vincenzo Restuccia - batteria, tumbe, bonghi
- Rudolf Mung - tam-tam
- Pay Fone - piatti
- Giovanni Tommaso - basso, contrabbasso
- G. Grutzmache - violoncello
- B. Marcello - violoncello
- D. Stropovitch - violoncello
- P. Salcas - violoncello
- P. Tortalo - violoncello
- J. Del Prete - violoncello
- P. Squarnt - violoncello
- Joel Vandroogenbroeck - flauto
- Alfio Galigani - flauto
- Coro Turchese - cori
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