12 agosto 2024

PENSIERI STUPENDI : Atletica leggera italiana, bravi lo stesso

                                                                 
                                                     


«Chi vince festeggia, chi perde spiega». 

Julio Velasco, Maestro e C.T. della squadra di Pallavolo italiana femminile, Medaglia d'oro ai Giochi Olimpici di Parigi 2024

Sono stati Pietro Mennea e Marcello Fiasconaro ad avvicinarmi all'atletica(non fraintendetemi, quella da guardare alla televisione non quella praticata)e dunque da tempo immemore ho seguito l'evoluzione dell'atletica italiana ed una infinità di gare.


Sebbene milanista di tifoseria e giocatore da quattro soldi al torneo dei bar, il calcio mi ha interessato sempre meno rispetto alle corse o ai lanci praticati agli Europei o ai Giochi Olimpici, quindi, speranzoso ma realista, mi sono seduto, in questo agosto rovente, davanti alla televisione con qualche remora perchè sapevo benissimo, al contrario dei nuovi ineggiatori dei fasti atletici italici (i soliti dilettanti allo sbaraglio che celebrerebbero chiunque e qualsiasi cosa solo per fare casino lungo le strade), che non avremo ripetuto le cinque inenarrabili, inarrivabili, ineguagliabili medaglie d'oro di tre anni prima a Tokio. Occorre subito dire, e qui sta già il bello, che aver conquistato tre medaglie nell'atletica leggera a questi giochi olimpici (un argento e due bronzi) è un risultato eclatante, già oltre la nostra media olimpica e dunque onore a Nadia Battocletti, al nuovo fenomeno Furlani e all'arrivo del cubano nostrano Diaz. Il resto della spedizione ha mostrato, pur con l'impegno totale di ognuno e alcuni buoni piazzamenti, i limiti intrinseci dei colori italiani e i problemi che i campioni di Tokio hanno, da subito, cominciato a mostrare. Innanzi tutto, se guardiamo le statistiche, sono pochi gli atleti capaci di ripetersi nell'olimpiade successiva ma i cronisti italiani, obnubilati dalla gloria italica, predicavano da tempo il ripetersi dei fasti precedenti, facendo salire le aspettative a livelli di guardia e spingendo l'attesa degli appassionati al parossismo. Per cui dopo il tracollo della marcia, sia di Stano che della Palmisano e di Tamberi(non sempre la fortuna osserva i migliori e nel caso di Tamberi abbiamo anche superato i limiti di una decenza sportiva nel far scendere in campo un atleta in quelle condizioni), l'evidente regressione di Jacobs (seppure in recupero ma con tre anni di più) per i problemi fisici dovuti al superamento dei suoi stessi limiti, la palese incapacità (dopo i turni precedenti) di alcuni come Tortu di poter dare di più (unita anche all'ignoranza dei dirigenti a non volerlo sostituire con Ali, il nuovo, giovane,velocista nero italiano), la scelta strampalata di spostare troppo anticipatamente un campione come Crippa dal fondo su pista (dove correva e vinceva) alla maratona, i rimanenti atleti della spedizione hanno potuto solo fare da comprimari, sia perchè troppo giovani per incidere realmente nel contesto olimpico, sia per carattere e consapevolezza ancora poco sviluppati nel reggere lo stress fisico e mentale, sia per una evidente inferiorità rispetto ai più dotati di altre nazioni. D'altronde, se andiamo a vedere quante medaglie l'atletica italiana a vinto nelle trentatre olimpiadi dal 1896 al 2024 rimarrete forse stupiti nel sapere che, con le ultime tre, sono solo 61(circa 1,8 medaglie a olimpiade) e che in alcune siamo rimasti a bocca asciutta come Parigi 1900, Amsterdam 1928, Melbourne 1956 e Rio De Janeiro 2016. Tanto per fare qualche esempio: nelle corse piane, Jacobs ha vinto i cento metri a Tokio nel 2020  (2021), sessantaquattro anni dopo  Giuseppina Leone che nell'olimpiade di Roma del 1960 era giunta terza. Sono gli unici due nostri atleti che abbiano mai vinto una medaglia nei cento metri piani.



Livio Berruti, oro nei 200metri
e il bronzo di Giuseppina Leone 
nei 100 metri femminili
Roma 1960

Livio Berruti e Pietro Mennea sono gli unici che abbiano mai vinto i 200 metri ad una olimpiade (sono passati 54 anni da Mosca 1980). Pietro Mennea aveva vinto il bronzo nei 200 metri nell'olimpiade del 1974 a Monaco.



L'oro di Mosca 1980 
di Pietro Mennea nei 200metri

 Quest'anno sono quarant'annni che Gabriella Dorio ha vinto i 1500 metri a Los Angeles nel 1984, come per Alberto Cova quando vinse i 10000 metri sempre nella stessa olimpiade. Non abbiamo mai vinto gli 800 metri e le due uniche medaglie conquistate risalgono al 1908 a Londra e al 1936 a Berlino (due argenti). Non vinciamo una maratona da Atene 2004, quando Stefano Baldini, novello Fidippide, vinse l'autentica maratona ellenica. Nei lancio del disco, l'ultima medaglia, d'argento, risale al 1952 ad Helsinki con il mitico Adolfo Consolini e dobbiamo ritornare a Los Angeles 1984 per vedere un lanciatore del peso come Alessandro Andrei salire sul gradino più alto del podio. Per non parlare del lancio del martello dove l'unica medaglia mai vinta ad una olimpiade è l'argento di Nicola Vizzoni a Sydney 2000. Vorrei anche ricordare che il record di sette medaglie (3 ori, 1 argento e 3 bronzi) di Los Angeles 1984 fu anche dovuto al boicottaggio di 14 nazioni compresa l'Unione Sovietica come risposta al boicottaggio da parte degli Usa nell'olimpiade moscovita del 1980.

Ci sono poi alcune valutazioni contingenti da fare legate alla troppa vicinanza di queste ultime Olimpiadi con i Campionati Europei che si sono disputati un mese e mezzo prima dei Giochi di Parigi. Innanzi tutto la forma ideale degli atleti che per molti è stata raggiunta a Roma per perdersi poi a Parigi e i risultati positivi nella capitale hanno creato un senso di troppa confidenza e di euforia facendo perdere a molti quella concentrazione e quell'umiltà che occorre sempre mantenere in occasioni tanto importanti.  Dunque, qualcuno dovrebbe fare un poco ammenda per questa scelta scellerata di porre due appuntamenti sportivi di tale spessore così vicini tra di loro. In definitiva, tuttavia non si può non prendere atto di quanti giovani si sono presentati sul palcoscenico di questa disciplina che avrebbe bisogno di tornare ad essere vista in maniera un poco più umana a cominciare dal medagliere. Perchè quest'ultimo è tarato primariamente sulle medaglie d'oro? Ci sarebbe da chiedersi a cosa serva la medaglia d'argento e quella di bronzo se poi la competizione e la relativa gerarchia sportiva ha sempre come riferimento l'individuo che deve vincere ad ogni costo. Solo il fatto di arrivare in finale rappresenta, soprattutto per gli italiani, un risultato straordinario, da non sottovalutare, a dimostrazione che competere a gran livello rimane comunque un privilegio di pochi fortunati ma che soffrire e sudare è il minimo comune denominatore di tutti i veri sportivi del pianeta. In definitiva, se il lavoro del Presidente Fidal, Stefano Mei si è rivelato prezioso nel dirigere al meglio l'entusiasmo nazionale derivato dal grande successo di Tokio e nella edificazione di una atletica giovane finalmente più competitiva, occorre ancora lavorare per avere finalmente una Nazionale veramente matura e affidabile. Ne riparleremo a Los Angeles 2028.

Giorgio Giannoni 


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