08 marzo 2025

HA ANCORA SENSO L' 8 MARZO, FESTA DELLE DONNE?

  

La domanda, di per se polemica ad una prima constatazione, non sembrerebbe poi così carica di provocazione e di sfida, visto come il cosidetto sesso debole continui ad essere considerato appunto debole e remissivo dalla maggior parte della controparte maschile e che anni di celebrazioni della suddetta festa hanno contribuito ben poco a rendere giustizia ed eguaglianza di genere alle donne.



Viviano in un paese dove le donne lavorano meno, sono pagate meno, occupano meno posti dirigenziali, continuano ad essere molestate se non di peggio e, oltretutto prese in giro con una commemorazione, fatta di mimose e cioccolatini, della quale la maggior parte dei cittadini non ne conosce neppure l'origine. Dunque, a seguire, riportiamo due articoli, scritti da donne, diciamo così, in controtendenza, per meglio intendersi sulla reale contraddizione che anima questa festa, nata con tutti i crismi del rispetto e della condivisione, ma nel tempo sempre più usata come specchietto delle allodole per tenere  sotto controllo l'altra metà del cielo.

IL FONDOTINTA NON COPRE L'OPPRESSIONE

dal Collettivo 

8 marzo, festa della donna: indossa i tuoi abiti migliori, il tacco 12 possibilmente, borse griffate riempite di mimose. Soprattutto tu che invidi la ricchezza. Se smettessi di atteggiarti da povera riusciresti a vivere questa giornata come una festa, che altro dovrebbe essere se non una giornata per celebrare le donne?

Ma tu che porti le birkenstock e che nella borsa a tracolla vorresti metterci uguaglianza, solidarietà sociale e tutela dei diritti, ti ostini a dire che oggi non é una festa ma una giornata di lotta.

Ma la colpa è tua, potresti provare a cambiare outfit magari, basterebbe a farti cambiare prospettiva, a smettere di urlare “io l’8 tutti i giorni”. Basterebbe, non solo per smettere di invidiare la ricchezza, ma per diventare ricca davvero e sconfiggere tutti quegli ostacoli che provi a superare ogni giorno. 

Parlo proprio a te che tutte le mattine ti alzi e speri di ricevere la chiamata dalla scuola che ha bisogno di una supplenza, sono anni che sei nella lista dei precari nonostante i corsi di formazione pagati a caro prezzo per qualche punto in più in graduatoria.

Oppure tu che hai quasi 40 anni, volevi un figlio ma la maternità sognata deve attendere: il contratto a termine si incastra male con un progetto a tempo indeterminato.

Anche tu che hai fatto carriera ma guadagni sempre meno del tuo collega uomo; questione di genere, mica penserai di avere lo stesso valore? Illusa.

Ma ci sei anche tu in questa lista, tu che hai voluto dei figli fai la madre e basta, cosa pretendi? Che il mondo del lavoro si adegui ai bisogni e alle necessità della conciliazione?

Tu invece hai smesso di lavorare perché di quei figli dovevi occuparti, possibile che non riesci a seguire tutti i tuoi sogni? Possibile che non riesci a organizzarti per conciliare casa, scuola, lavoro, genitori anziani da accudire. D’altronde problema tuo, se i figli li facevi prima, avrebbero avuto dei nonni giovani che potevano darti una mano. Tuo fratello? Ma per carità, la cura non è roba da uomini.

Tu che invece non arrivi a fine mese ti sei chiesta come mai? Evidentemente non riesci a far di conto, la matematica si sa non è roba per donne. Sposta i soldi sul conto di tuo marito vedrai che lui sì che riesce ad amministrare meglio il bilancio familiare. Che poi, se per caso ti sei innamorata di un violento hai fatto bingo, alla violenza fisica ci aggiungi quella economica e il gioco è fatto.

In fondo alla lista ci sei anche tu che ami i bei vestiti, i tacchi, ti piace prenderti cura di te stessa, a modo tuo, con lo stile che preferisci. Certo però che se ti curi poco sei sciatta ma se ti curi troppo allora vuoi farti notare, poi non ti lamentare se per strada attiri attenzioni indesiderate.
Però da più di due anni ormai la presidente del consiglio è una donna. Sì, vuole farsi chiamare il presidente, lo sappiamo, ma noi non ci arrendiamo. Siamo cocciute, la presidente ci piace (il titolo declinato al femminile, quanto meno).

Ci sarebbe anche piaciuto che avere una presidente significasse avere un’attenzione maggiore ai diritti delle donne, una visione paritetica dei generi, una consapevolezza maggiore di quanto certe battaglie non riguardino solo una parte degli esseri umani ma tutte e tutti.

Ma anche quest’anno l’8 marzo non possiamo e non vogliamo considerarlo una festa, è una giornata di lotta, come tutte quelle prima e quelle dopo questa data. Una giornata fatta di mimose e ringraziamenti alle “belle e brave donne, mamme, figlie, zie, nipoti, nonne” e tutte le etichette che vi vengono in mente.

Degli auguri ne facciamo a meno. Grazie, ma no, grazie.


L' 8 MARZO? UNA FESTA INUTILE E IPOCRITA

di Graziana Capurso dalla Gazzetta del Mezzogiorno

Diciamolo senza mezzi termini: l'8 marzo non è la Festa della Donna. La verità che nessuno ha il coraggio di dire è che al genere femminile non gliene frega davvero niente di questa celebrazione. Non esiste festa più ipocrita dell’8 marzo. 

Ogni anno, proprio in questa giornata, il gentil sesso si divide in tre categorie. La prima: truppe di scalmanate che si riversano nelle pizzerie o nei bar per darsi alla trasgressione, scimmiottando le modalità predatorie maschili e cantando a squarciagola «Donne dududu...in cerca di guai». Risultato? Alla fine nei guai ci si ficcano sul serio perché la caccia in branco, puntualmente, va male. Lasciando le donzelle deluse e ricevendo addirittura il resto da sopra, tra palpeggiamenti e battutacce indesiderate. La seconda. Schiere di rispettabili signore, militanti attempate di un becero femminismo ostentato, che fanno letture seriose, incontri o dibattiti pur di fare qualcosa che gli altri giorni magari non possono fare: ossia pensarsi libere dalla gabbia che si sono costruite. Terza e ultima categoria. Le indifferenti, quelle che non fanno nulla. E queste, ve lo assicuro, sono la stragrande maggioranza. Il punto è che non c’è nessuna Festa della Donna da festeggiare: l’8 Marzo è la Giornata internazionale delle donne. Ci sono due fatti storici che hanno cerchiato di rosso questo giorno nel calendario: il rogo della fabbrica Cotton a New York dove nel 1908 persero la vita 62 operaie e la manifestazione in piazza nel 1917 quando le donne russe si mobilitarono per chiedere la fine della guerra, dando così origine alla “rivoluzione russa di febbraio” che ispirò la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste dell’8 marzo. 

La domanda, ora, sorge spontanea: come diamine è possibile che da ricorrenza inventata dalle operaie della Russia pre-rivoluzionaria, la Giornata internazionale della donna si sia trasformata in una specie di Carnevale del sessismo accondiscendente, in cui vengono sovvertite tutte le regole a patto che il giorno dopo si ri-affermi lo status quo? La risposta non c'è. È un mistero.

l femminismo sosteneva la forza e l’autonomia delle donne. Adesso è una retorica moralista che, in alleanza inconsapevole col maschilismo, vede nella donna una figura debole e dipendente. La formula osannata ogni 8 marzo «più diritti alle donne», si è logorata fino a non significare più nulla. A maggior ragione se sono le stesse donne a delegare la tutela dei propri diritti solo a quegli uomini che hanno la bontà di promuoverli. Basta fare appello alla retorica della doglianza, che mai come oggi è una garanzia di inattaccabilità.

Se invece l'intento dell’8 marzo è quello di festeggiare la donna e la sua femminilità, la musica cambia. Non ha senso snocciolare tristi litanie che ricordano i dati sulla disoccupazione femminile, la differenza negli stipendi, l’assenza di servizi o la precaria condizione femminile in tutti i campi. È totalmente inutile stracciarsi le vesti per ventiquattr’ore. Molto meglio sarebbe una coerente indifferenza alla celebrazione.

In Italia c’è la festa della mamma, del papà, del gatto, del cane, degli innamorati e dulcis in fundo della donna, mentre non c’è una festa dell’uomo. Segno che in questo mondo la festa dell’uomo si tiene 364 giorni all’anno. E non è affatto colpa degli uomini, sia chiaro. Anzi, continuate a riempirci di attenzioni, ma fatelo ogni giorno, non solo l’8 marzo. Una mimosa per quanto bella e gradita, non ci salverà. E di sicuro non ci servono auguri o scatole di cioccolatini. E allora se siete d'accordo, facciamo così. Per poter sovvertire questo strano universo fatto di fiocchi rosa e blu, decidiamo di non festeggiare proprio niente. Perché di fatto non c’è nulla da festeggiare, ma c’è ancora tanto, tantissimo per cui lottare. I diritti non sono mai del tutto conquistati, per nessuno. Che si tratti di uomini, di donne, di bambini e perché no, anche di animali.

Donne dunque uniamoci: l’8 marzo non facciamo nulla, dove questo far nulla non ha alcun intento polemico né contro «i diritti» né contro chi fa finta di assecondarli per poi negarli: è il semplice far nulla di chi rifiuta una qualsiasi alternativa.

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