20 novembre 2023

LA VIOLENZA SULLE DONNE: Facile condannare, meno facile capire. Ancora più difficile educare di Manuela Schiasselloni (Direttivo InSarzana)

 
C’è qualcosa che non va, senza dubbio. È fuori discussione che non possa andare avanti così. Al di là della retorica di genere, al di là delle etichette, dei rimpianti, del dolore, della frustrazione, della rabbia.
Qui si deve fare qualcosa a casa, a scuola, negli oratori, in tutti i centri di aggregazione, dal muretto su cui i giovani si siedono a scambiare quattro chiacchiere alle discoteche, alle palestre, ai bar.

Perché non bastano le scarpe rosse, le candele, le fiaccolate e i fiori sulle tombe, che servono solo a sensibilizzare chi è già sensibilizzato, costernato, distrutto dal pensiero che una ragazzina sia massacrata da un ragazzo - fidanzato o ex, poco importa - che non ha accettato un no. Che non ha accettato che lei fosse migliore di lui negli studi. Qui non ci sono ampolle di senno da annusare per riprendere il controllo di sé, perché si è troppo rigidi, autoriferiti, compresi nel proprio ruolo di bravo ragazzo – e ci risiamo con le etichette, come se non avessimo ormai compreso quanto siano false e ingiuste e ridicole. Come se non avessimo capito che bisogna imparare a soffrire. Questo è il punto. Nessuno vorrebbe far soffrire chi si è amato, ma la sofferenza capita, non chiede il permesso. E quando arriva deve essere accettata perché è una sorta di legge di natura – diciamo così – come la morte, la gioia, lo stupore, la paura, l’ansia, la gelosia. Ben sapendo che lo scopo dell’esistenza è la felicità – lo dicono pure alcune Costituzioni – dobbiamo essere consapevoli che non può sempre andare tutto come vorremmo che andasse. E allora insegniamo ai ragazzi come è importante rialzarsi dopo una caduta, quanta forza ed energia ci vuole ad acquisire la consapevolezza dei propri limiti e a cercare di migliorarsi sempre, qualsiasi sfida l’esistenza ci ponga dinnanzi.
Perché quando succedono drammi come questo c’è una vittima da piangere: ma il carnefice è una persona che avrebbe dovuto e potuto essere educato ai sentimenti e non alla conquista dei beni. Perché reificare significa proprio porre sullo stesso piano una persona e un oggetto o un bene: ma non è così che funziona!
Nessuno possiede nessuno, nessuno può controllare le azioni e tanto meno i pensieri e i comportamenti degli altri – a volte nemmeno i propri.
Facile condannare, meno facile capire. Ancora più difficile educare.

Manuela Schiasselloni, Responsabile di sede presso il Liceo classico statale "Leopardi", Aulla

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