Anche quest'anno è arrivato il 25 novembre. E anche quest'anno i social si riempiranno di slogan, frasi fatte, cuoricini rossi e hashtag di circostanza. Purtroppo domani tutto tornerà come prima, come se niente fosse. Questa ipocrisia collettiva mi fa incazzare più di qualsiasi altra cosa.
Parliamo chiaro: nel 2025, tra gennaio e ottobre, sono state uccise 85 donne. Ottantacinque. E questo è solo quello che sappiamo, i casi che arrivano alle cronache, immaginate quante altre situazioni non vengono nemmeno denunciate. Più di una vittima di omicidio su tre è donna l'incidenza più alta mai registrata. Ottantacinque donne ammazzate da mariti, fidanzati, ex, conviventi, la maggior parte uccisa da chi diceva di amarle. Ogni donna morta è il fallimento dello Stato e il fallimento di una società che ancora oggi, nel 2025, non riesce a proteggere le proprie cittadine. E no, non basta postare una foto con uno sfondo rosso per lavarsi la coscienza. Non basta mettere un cuoricino sotto un post o condividere uno slogan. La violenza ha mille facce e non tutte lasciano lividi visibili, anzi. C'è quella psicologica, fatta di parole che distruggono l'autostima: "Non vali niente", "Sei fortunata che ti sopporto", "Nessuno ti vorrà mai". Frasi che entrano nella testa e ci restano. C'è quella economica, che toglie autonomia e libertà controllando ogni spesa, impedendo di lavorare, rendendo impossibile qualsiasi via d'uscita. C'è quella sessuale, che può esistere anche dentro un matrimonio,perché no, il matrimonio non è un lasciapassare per fare quello che si vuole, chiariamolo una volta per tutte. E c'è quella digitale: stalking online, revenge porn, controllo ossessivo dei social e dei messaggi. Tutte hanno lo stesso scopo: controllo, possesso, annullamento della persona."Perché non se ne va?" Ve lo siete chiesti mille volte, la risposta è semplice: perché non è facile, ecco perché. Perché ha paura di essere uccisa. Perché non ha soldi, non ha dove andare. Perché è stata isolata da amici e famiglia nel corso degli anni. Perché anni di manipolazione le hanno fatto credere di non meritare altro. Perché ha figli e non può lasciarli. Perché ha paura di non essere creduta e spesso non viene creduta davvero. Perché dopo ogni botta arrivano le scuse, i fiori, le promesse il classico "non lo farò più", finché non ricomincia tutto da capo .Riconoscere i segnali è fondamentale, comunque. Gelosia eccessiva spacciata per amore, isolamento progressivo da amici e parenti, controllo continuo di dove sei e con chi, critiche costanti su tutto quello che fai, sbalzi d'umore che ti fanno camminare sulle uova in casa tua, il classico "è colpa tua se mi arrabbio", minacce velate o meno velate, oggetti distrutti durante le liti. Se riconosci questi comportamenti nella tua vita o in quella di qualcuno che conosci, non minimizzare. Non passerà col tempo . Parliamo dello Stato, perché denunciare dovrebbe essere il primo passo verso la salvezza. Dovrebbe, invece troppo spesso è l'inizio di un'odissea burocratica che lascia le donne sole e ancora più vulnerabili di prima. Il braccialetto elettronico? Una barzelletta, davvero. Jessica, Tiziana, Camelia, Celeste sono solo alcuni dei nomi di donne uccise nonostante i loro aggressori indossassero il dispositivo. Gli uomini se lo tolgono e l'allarme non scatta. Ci sono malfunzionamenti segnalati per giorni e nessuno interviene, nessuno controlla.. Paradossale. E il Codice Rosso? Sulla carta bellissimo: il PM deve ascoltare la vittima entro tre giorni dalla denuncia. Nella realtà, ritardi cronici, procure sovraccariche, formazione insufficiente degli operatori. Le donne denunciano e aspettano. Aspettano protezione che non arriva, misure cautelari che vengono applicate con il contagocce o dopo settimane. E mentre aspettano, vivono nella paura, chiuse in casa o costrette a cambiare città. Non è accettabile che un ministro suggerisca alle donne di "rifugiarsi in chiesa o in farmacia" quando scatta l'allarme del braccialetto. Non è accettabile che la responsabilità di salvarsi ricada sempre sulla vittima, come se fosse colpa sua. È lo Stato che deve proteggere, è questo il suo compito. È il sistema che deve funzionare. E invece fa schifo, diciamolo chiaramente. Servono pene più severe e soprattutto certe, non sulla carta ma nella realtà. Servono strumenti di controllo che funzionino davvero, non gadget inutili che diventano alibi per dire "abbiamo fatto qualcosa". Serve formazione specialistica seria per magistrati, forze dell'ordine, operatori sanitari, insegnanti. Serve che chi denuncia venga creduta subito, non dopo mesi di indagini mentre l'aggressore è ancora libero di circolare tranquillamente. Servono risorse economiche vere per i centri antiviolenza, per le case rifugio, per il supporto psicologico e legale che serve alle donne per ricostruirsi una vita. Le donne che trovano il coraggio di denunciare non possono essere abbandonate a sé stesse. E serve educazione. Educazione al rispetto, all'uguaglianza, al consenso. Fin dalle scuole elementari, non quando ormai è tardi. Perché finché cresceremo ragazzi convinti che la gelosia sia amore e che il controllo sia normale in una coppia, non cambierà un benemerito cazzo. Se conosci una donna che subisce violenza: ascoltala, credile sempre, non giudicarla. Non chiederle perché non se ne va, aiutala a trovare una soluzione quando sarà pronta. Se sei genitore: educa i tuoi figli – maschi e femmine – al rispetto vero, non a quello di facciata. Insegna che l'amore non è possesso, che la gelosia non è romantica ma è tossica, che il "no" si rispetta sempre in qualsiasi situazione, che la violenza non è mai giustificabile per nessun motivo. Il 1522 è il numero nazionale antiviolenza: gratuito, attivo 24/7, anonimo. Puoi chiamare anche solo per capire se quello che vivi è violenza o no, per chiedere consiglio. Qui da noi, a Sarzana, c'è l'Associazione Vittoria (0187622450) che è molto attiva sul territorio e fa un lavoro fondamentale di supporto alle donne in difficoltà Nonostante tutto il resto faccia schifo, le operatrici dei centri antiviolenza salvano vite ogni giorno, con poche risorse ma tanto impegno. Sono 85 le donne uccise nei primi dieci mesi del 2025. Ottantacinque fallimenti collettivi. Ottantacinque volte in cui lo Stato, la società, le istituzioni, tutti noi, non abbiamo fatto abbastanza. Non possiamo fermarci finché ci sarà una sola donna che vive nella paura in questo paese .E se sei tu a vivere una situazione di violenza, ricordati sempre: non sei sola, non è colpa tua in nessun modo, e meriti molto più di questo. Meriti rispetto, libertà, serenità. Non accontentarti delle briciole.
Monica Faridone

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