14 luglio 2024

MUSICA: Fenomenologia di Taylor Swift

 


Abbiamo la pessima abitudine, tra le tante che pratichiamo noi esseri umani, di giudicare le persone e le loro azioni, basandoci su preconcetti e su considerazioni dettate dal nostro inconscio e dalle nostre pulsioni, ignorando di fatto un approccio più umile e conoscitivo prima di dare aria alla bocca.


Il caso Taylor Swift è emblematico di questo procedere, visto che la nuova pop star americana è stata liquidata da molti solo sulla base di parametri economici ed estetici, annoverandola, sostanzialmente, ad un fenomeno da baraccone. Le cose, come al solito sono molto più complesse e la constatazione che molti giovani la seguono in maniera così enorme dovrebbe far pensare o incuriosire come Taylor Swift sia riuscita a entrare in sintonia con loro e perchè. Musicalmente parlando la cantante (che per noi europei è sostanzialmente un mistero) ha prodotto undici dischi in 18 anni di carriera, evolvendo la sua musica dal country-rock al synth-pop, dal rock all'elettronica fino all'indie-folk dei due album scritti durante la pandemia. In questo articolo di Onda Rock troverete una disamina dei suoi album (e brani da ascoltare) ma soprattutto occorre valutare il fatto veramente dirimente che Taylor Swift scrive i testi delle sue canzoni, raccontandosi con un semplicità e una bravura tale da coinvolgere moltissime persone. L'articolo che segue, ad opera dello scrittore Mattia Insolia ci permette, in definitiva, di comprendere dove nasce la sua capacità empatica di trascinare il suo pubblico oltre i normali confini di una fruizione tra l'artista e i suoi fans.

"I testi di Taylor Swift, un grande racconto di formazione" parola di Mattia Insolia 

Controcopertina dell'Espresso

Mesi fa ho scoperto Right where you left me, brano di Taylor Swift contenuto in Evermore, album del 2020. So che la faccenda non ha alcunché di eccezionale, ma per me è stato un fatto incredibile per tre ragioni: non credevo esistessero canzoni di Taylor Swift che non conoscessi già, leggerne il testo mi ha fatto tornare indietro e studiare la sua discografia e, infine, ho incrociato il pezzo in un periodo per me complesso. 

Procediamo con ordine. Ho ascoltato per la prima volta Love story che avevo quattordici anni e oggi, a quindici di distanza, seguita a essere una delle canzoni che gira di più sul mio telefono. Taylor Swift mi ha tenuto compagnia per oltre metà della mia vita, restando sempre, nonostante i periodi, gli accadimenti, un punto di riferimento utile a decodificare sia me stesso sia anche il mondo. Sono uno scrittore, però, e per un certo periodo, e soprattutto nei mesi seguenti al mio esordio, più di quattro anni fa, ho tenuto questa febbre per me – per me e per le persone a me vicine, ché la ascolto così tanto, Taylor Swift, che chi mi è accanto è condannato a sopportarla a rotazione continua. Me ne vergognavo, sì. È roba adolescenziale, mi ripetevo nella mia testa, non posso mica parlare di John Steinbeck o Wisława Szymborska e poi, come se niente fosse, di quante volte abbia ascoltato, e solo questo mese, All too well o Getaway car. Sì, insomma, pure se per qualche tempo solo in segreto, dai quattordici anni in poi non ho mai smesso di ascoltare Taylor Swift. Quel che non ho mai fatto, invece, è stato cercar di indagare i motivi per cui la sua musica mi piaccia così: quando la domanda faceva capolino nella mia testa mi davo risposte ovvie – risposte che, avrei letto, sono le stesse che si danno critici musicali e giornalisti. Poi ho scoperto Right where you left me, ho studiato i vecchi testi e ho capito...


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