07 ottobre 2023

PENSIERI STUPENDI: Un pensiero stupendo su Napoli di Giorgio Giannoni con annessa NEWSLETTER DEL FORUM NAZIONALE SALVIAMO IL PAESAGGIO ovveroUn pensiero stupendo su Napoli di Giorgio Giannoni

Cassonetto napoletano di rara ampiezza filosofica
 

"...Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfiancaMi innervosiscono i semafori e gli stopE la sera ritorno con malesseri specialiNon servono tranquillanti o terapieCi vuole un'altra vita..." UN'ALTRA VITA, 1989 (live) da GIUBBE ROSSE FRANCO BATTIATO

Nella newsletter, a seguire, del Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio c'è un articolo (l'ultimo in ordine) che offre un quadro desolante del pensiero ecologista inteso come l'incapacità, da parte dell'opinione pubblica, di cogliere tutti quegli aspetti ontologici, biologici, culturali, ecc. che ruotano attorno al rapporto tra l'Essere Umano e la Natura.


Leggendolo, ho trovato la forza di mettere per iscritto alcune considerazioni su un mio recente viaggio di "piacere" a Napoli dove ho potuto toccare con mano (ancora una volta) lo sfacelo ambientale e umano che in qualunque tragitto stradale italiano ci accompagna per ogni angolo del Paese. Dalle autostrade intasate, alla generale follia del trasporto su gomma, alle periferie distrutte, al cemento sempre più invasivo, al consumo esagerato di territorio, alle incredibili folle turistiche che ammorbano ogni angolo e ogni luogo in un delirio di disinteresse, di gozzoviglio perenne per città bellissime (come Napoli), colme di antiche culture e arte dove si rimane attoniti per l'antico che emerge sul moderno, capace di schiaffeggiare, con le sue numerose bellezze, la squinternata ed elefantiaca architettura del moderno. 

Non esiste più il senso di una vacanza che possa armonizzarsi con i luoghi che si visitano. Napoli ne è l'ennesimo esempio. Ogni passo è teso ad evitare la calca più abbruttita, lo schiamazzo più becero mentre intorno scorrono bellezze artistiche piegate e indisposte dal rumore e dalla spazzatura. E poi il senso terribile di omologazione, la ripetitività abitativa e vivente comune, uguale, congestionata di ogni città, pervasa dai medesimi meccanismi, dalle stesse auto, dai franchising multicolori e multitutto, dalle stesse offerte di oggetti, di innumerevoli servizi di cibo uguali a se stessi, di telefoni ad ogni angolo, di elemosinieri e di improvvisati fotografi mentre non si contano le file ai bancomat, alle pizzerie cosidette famose o ai caffè di nome dove occorre sedersi, non per gustare il luogo antico, dove si respira, almeno per pochi minuti, un'altro tempo, quello antico dei ricordi di un altro mondo, ma per poter poi raccontare di aver sostato in luoghi dove anche le star famose hanno lasciato il loro segno. Tra l'altro al Caffè Gambrinus, luogo storico per eccellenza, l'iconica presenza del tavolo e dell'attaccapanni dedicati al personaggio del Commissario Ricciardi è stata, da subito, macchiata dal furto del cappotto di scena indossato dall'attore che lo impersona nella nota serie televisiva, solitamente appeso in bella mostra sul suddetto attrezzo. Un abbruttimento, in un'occasione già di per se discutibile per una letteratura gialla, quella di De Giovanni che, nei suoi splendidi libri, non ha certo bisogno di queste boutade per farsi pubblicità.

 Osservare le piazze di Spaccanapoli, durante un passeggio (che ricorda la stazione di Manarola in estate con gli stessi sorrisi ebeti di contentezza) si accoppia, da tempo, con il frastuono dei jet che ogni 3-5 minuti decollano dall'aereoporto di Capodichino e sorvolano il centro storico della città partenopea, cosicchè il vociare degli imbonitori del pasto e il suono delle fisarmoniche (solitamente con Bella Ciao in testa) acquistano un qualcosa di nuovo, di più aggiornato ai tempi. Non c'è spazio a Napoli che sfugga alla transumanza turistica, alle infinite schiere che seguono improbabili totem agitati furiosamente dalle guide mentre si avvicinano all'entrata della Napoli sotterranea dove, ogni giorno, si aggirano un numero esorbitante di gruppi per un luogo meraviglioso e carico di misteri e storia, ma ridotto giornalmente a mera passeggiata da caccia al tesoro sotterraneo. Da circa sei- sette anni pare che la città sia stata presa d'assalto dai turisti stranieri mordi e fuggi (sono circa l'80%) e tutte le lingue del mondo trovano una loro completa manifestazione in quello che è il luogo più folle dell'intero Spaccanapoli: la pizzeria Sorbillo, dove una vera e propria fila babelica, in attesa della benedizione urbi et orbi, si snoda per Via del Tribunale, animata da persone capaci di aspettare ore pur di assaggiare questa perla della nostra gastronomia che pare essere la pizza più buona del pianeta. Quello che era un locale vero e importante, oggi si è trasformato, grazie al turismo pervasivo e inconsulto, in una vera industria dove fino dall'entrata tutto è automatizzato, preciso con numeri alla mano e dove , probabilmente la qualità, già da tempo è andata a farsi benedire. Dunque tutto si livella (come diceva Totò) in una sorta di radiazione di fondo ripetitiva, in un borbottio di sottofondo dove si muovono le voglie di migliaia e migliaia di condannati al divertimento forzato, alla pizza a portafoglio, alla sfogliatella (comunque e sempre meravigliosa), allo spritz di Maradona, al rimbombare notturno di casse musicali da stadio nella movida di Piazza Dante.


Esempio naif di considerazione calcistica a Napoli

Eppure Napoli resiste, si sforza di rimanere coerente alla sua storia, al suo immenso patrimonio artistico e culturale, alla simpatia di molti cittadini, obnubilati e stravolti da questa pressione ma sempre pronti alla battuta, all'alzata di spalle che coloro non interessati alle vendite pongono in essere, tranquilli nella loro tazza di caffè e nella disponibilità a chiacchierare con noi foresti, mentre oasi di silenzio e pace come il Reale Orto Botanico (sostanzialmente vuoto di visitatori) o il giardino di Villa Floridiana al Vomero rassicurano che la città possiede altre dimensioni, altre prospettive come il mare di Posillipo o di Mergellina. Napoli rimane diversa da altre città. Sotto la scorza turistica blandisce tutti coloro che la visitano e tocca al visitatore ricercare l'origine greca della città, cogliere quel senso di indipendenza da quel nord sabaudo o da quel Garibaldi che qui, inopinatamente, viene ancora considerato un mercenario, un soldato di ventura che ha regalato il vecchio regno ad un altro re detestato. 

Ma non è facile farlo perchè il contingente ti travolge, come è capitato a noi, ieri, nella conclusione del nostro soggiorno e che ci riporta ad un Paese schiacciato dalle proprie contraddizioni. Per arrivare al parcheggio esterno dove avevamo lasciato l'auto, a circa due km da Piazza Dante, abbiamo impiegato 45 minuti di puro delirio (in taxi) per arrivare. Ma questo è niente rispetto a ciò che è accaduto ad Arezzo dove l'incidente tra due autoarticolati ha bloccato l'Autostrada del Sole, costringendo noi e la fiumana gigantesca di automobilisti all'uscita obbligata al suddetto casello e, per chi veniva da Firenze, al successivo. Abbiamo toccato con mano cosa possa significare riversare nel tessuto stradale adiacente la folle essenza di code lunghe tredici chilometri. Ci sono volute quattro ore di folle vagabondaggio tra Arezzo, Montevarchi e Figline Valdarno per rientare in austrada. Cinquanta kilometri di sconosciute giravolte a passo d'uomo, in un territorio ristretto, in un venerdi dove già i locali uscivano in auto per la serata. Ho guidato per dodici ore da Napoli (ricordate la 12 ore di Sebring) con la consapevolezza di come abbiamo ridotto l'Italia, le sue città, il suo territorio e di come siamo impreparati, nella nostra improvvisazione totale, a fare fronte a calamità che non siamo in grado di gestire ne di prevedere ma delle quali abbiamo, già da tempo, creato le condizioni predisponenti.

 Il nonsense di questa quotidianità è evidente a molti ma, evidentemente, la massa urlante preferisce altri traguardi, possiede altre aspettative, si bea di pensare che tutto gli sia permesso. Non mi interessa fare la Cassandra di turno, ci sono già troppi protagonisti. Ma il problema rimane quello di fondo, di una insensibilità "posturale", di una inconscia ricerca di potere e di piacere che tracimano, incontrollati, dai nostri pensieri più reconditi e si allargano a macchia d'olio tra le nuove generazioni. Chi sarà in grado di riconoscere le spinte più recondite avrà almeno chiaro dove nasce tutto questo. Riuscire  a fermarlo, mentre il tempo  scorre via, insensibile e tiranno, sarà un'impresa titanica.

Giorgio Giannoni


 

 
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