07 febbraio 2024

PENSIERI STUPENDI: Ancora una fiction per non trascurare la memoria. Ma cosa dimentichiamo nel GIORNO DEL RICORDO?

 

"Farò il mio rapporto come se narrassi una storia, perchè mi è stato insegnato, sul mio mondo natale, quand'ero bambino, che la Verità è una questione di immaginazione" La mano sinistra delle tenebre, 1969 Ursula K. LeGuin


Chissà se è un caso che oramai gli accadimenti della nostra storia recente debbano essere valutati all'interno di una fiction (La Rosa dell'Istria, di recente trasmissione alla Rai). Forse, tale meccanismo assume la valenza di uno specchio dei tempi odierni, dove si tende a semplificare ogni cosa, ogni suggestione, ogni complessità e contemporaneamente si voglia dare, volutamente, una lettura particolare, parzialmente vera e magari politicamente orientata.


Dunque, un aggiustamento, costellato, nell'ambito di una fiction, da sentimentalismi, leziosità o vaghe sdolcinatezze che hanno, in più, lo scopo di rafforzare il messaggio a senso unico del racconto che, badate bene, può essere benissimo giusto, corretto sia storicamente che politicamente ma osservato da una sola angolazione, calato dall'alto come se altre vicende, altre circostanze non avessero avuto un legame di qualche tipo o peggio lo avevano ma furono volutamente ignorate per altri fini. Ho scritto questo panegirico dopo aver veduto ieri sera " La Rosa dell'Istria", un lungometraggio tratto dal libro di Graziella Fiorentin, Chi ha paura dell'uomo nero?, "un testo che si avventura nel delicato tema dell'esilio istriano e dalmata, portando alla luce storie dimenticate attraverso il prisma dell'amore e dell'arte". Trovandoci nella settimana che precede il Giorno del Ricordo, qualcosa sembra subito stridere nel voler proporre una storia su questi temi difronte ad un anniversario che si è sviluppato negli ultimi anni su ambiguità, omissioni e anche falsità per quanto accadde in quegli anni terribili nelle terre slave. Sembra quasi che i responsabili della Rai abbiano voluto creare un elementare evento preparatorio che accompagnasse i telespettatori verso il ricordo e la memoria condivisa. Guardando la fiction ci si rende conto di come si sia voluto raccontare un momento terribile che ha avuto il suo epicentro nella diaspora italiana da terre che, ovviamente, gli italiani presenti chiamavano Italia e la "semplice" evidenza che gli slavi (quando crollò il fascismo e i tedeschi cominciarono a lasciare quei posti) si riappropiassero con violenza di terre che erano già loro, non può non stimolare nello spettatore un singulto di odio, un "tifare" verso i connazionali, un prendere posizione contro i "rossi". La fiction allora si muove su binari di emozioni e di sentimento che ne fanno un racconto gradevole e condivisibile. Si è contenti che le disavventure si ricompongano, che i protagonisti si lascino, si rincontrino, si sposino e che, alla fine, chi è dovuto tornare in Italia, ha comunque trovato una ragione di vita. Allora lo sceneggiato svolge con perizia il duplice compito di creatore di empatia ed emozione e di semplice ridisegno culturale dove ci si muove su bisogni primari, rapporti umani che sono di tutti, inevitabili violenze e riscatti. Persino il termine foibe, in questa produzione, viene citato una sola volta e subito cancellato dai dialoghi e sebbene l'equazione esodo=foibe è stato ed è tuttora il pessimo e ambiguo motore immoto del Giorno del Ricordo, qui lo si è lasciato latente, etereo, nella narrazione privilegiando i motivi sopra esposti, sufficienti ad orientare, il pubblico verso una condivisione completa. L'equazione ricomparirà, ovviamente, da domani, nei prossimi comizi, negli incontri, nei talk show, nelle dichiarazioni dei politici a sottolineare, a convincere definitivamente su come le cose si sarebbero svolte in quel pezzo di Europa. Alla fine la fiction è risultata gradevole perchè ha come scisso l'equazione e, pur nella sua semplicità, ha riaffermato una verità incontrovertibile: circa 250.000 italiani hanno dovuto lasciare definitivamente le loro case  e una terra che era stata Italia per un certo periodo di tempo. Una dispora violenta e prevaricatrice come fu l'accapparramento delle terre slave e dell'impero Austro Ungarico dopo la Prima Guerra Mondiale da parte dell'Italia e dei governi fascisti(con la successiva italianizzazione forzata e terribile delle popolazioni autoctone e le migrazioni di italiani nelle nuove terre). Le foibe furono un fenomeno limitato che interessò tutte le popolazioni.  Non fu direttamente legato al fenomeno dell'esodo (che tra l'altro iniziò nella primavera del 1941 sotto il controllo dell'autorità militare italiana), ma la cui terribile rappresentazione è servita ai governi italiani, dal dopoguerra in poi, per ottenere qualcosa di politicamente necessario tra pezzi di territorio, prestigio personale e ricadute elettorali. 

Ovviamente chi legge è libero di credere o meno alle mie ultime parole e certamente la fiction non aiuterà nessuno a ritrovare quella verità, così eterea, così sfuggente, così evidente. E' necessario andare oltre alle rappresentazioni, agli infingimenti, alle preclusioni e affrontare il problema con animo scientifico ed onesto come il team di quegli storici italiani e slavi che hanno saputo, con le loro indagini, ripercorrere una storia che ha visto popoli vivere assieme nell'armonia per poi uccidersi senza alcuna remora. Questi storici hanno preparato un dossier (pubblicato da InSarzana dal 2022) che si apre con la domanda fatidica, ineludibile: 

Che cosa dimentichiamo nel Giorno del Ricordo?

Se ne avrete il coraggio e la voglia, andando oltre a luoghi comuni e appartenenze,  le pagine a seguire vi racconteranno la semplice verità di quei luoghi e di quei popoli, italiani, slavi, austriaci, tedeschi, ecc. prima felici e poi dimenticati da Dio e la cui memoria non deve essere nè storpiata nè imbalsamata dalle generazioni successive ma ricordata e semmai celebrata nella verità.

Giorgio Giannoni

Nessun commento:

Posta un commento