28 novembre 2024

Fenomenologia del progressismo (indipendente o meno) di Giorgio Giannoni

                              


Forse ricorderete come, qualche tempo fa in un'altra galassia, in una serie di post dedicati alle turbe politiche dei 5 Stelle, ne avessi predetto il gran finale: una parziale scissione del movimento e chi rimaneva, sostanzialmente quella parte di grillini a sinistra, sarebbe confluita nel Partito Democratico.


Forse qualche transfuga si sarebbe scisso per continuare ad inseguire le scatolette di tonno da aprire, i vaffa o le alzate di ingegno di Grillo ma, inevitabilmente il movimento che non era nè di destra, ne di sinistra (sic!) avrebbe concluso indecorosamente la propria corsa. Tuttavia, non avevo tenuto conto della pervicacia di Giuseppe Conte, variabile "indipendente" la sua presenza fin dall'inizio, e della sua volontà di mantere in vita, ad ogni costo (leggi inconscia sete di potere) una parte di un soggetto politico, trasformato in partito a tutti gli effetti, basandosi su una perigliosa e inaffidabile dicitura come  "progressisti indipendenti". Il termine progressista, forse qualcuno lo ricorderà, venne sdoganato dal vocabolario e imbracciato alla bisogna nell'alleanza fra un cospicuo manipolo di partiti di sinistra per controbattere, alle politiche del 1994, il rampante cavalier Berlusconi. Parafrando Guccini: " La storia ci racconta come finì la corsa..." e l'inaugurazione della linea progressista:"...deviata lungo una linea morta". Occhetto, nella sua sfortunata presenza di quegli anni come segretario del "neonato" PDS e altri soci del momento non solo avevano inaugurato la fine della sinistra (a onta di quanto si disse, come lo stesso Occhetto mi raccontò, non fu lui il responsabile di fondo) ma avevano anche creato una sorta di nuova interpretazione del termine sinistra. Non più ciò che si contrappone alla destra (con caratteristiche ben precise basate sulla visione di una Costituzione nata dalla Resistenza e Antifascista) ma una definizione, appunto progressista, che risultava più malleabile, più interpretabile, meno massimalista se volete e dunque foriera di volgarizzazioni e di valutazioni a non finire. Da quel momento in avanti occorreva essere progressisti per fare politiche riformiste e innovatrici da controbattere alle politiche conservatrici che la destra definiva. Fu, dobbiamo dirlo, un colpo di genio da parte di un'intera classe politica "di sinistra"che, nel definirsi progressista, spostò "progressivamente" il proprio baricentro verso visioni che, sostanzialmente, prevedevano l'accettazione, non regolata ne modificata, di un sistema liberale spinto. Bisognava, allora, dopo una decina d'anni di progressismo ex sinistra /conservatorismo più la variabile Berlusconi, per arrivare a decidere da parte di un comico e di un manager che progressismo (diventato, tout court, sinonimo di sinistra riformista) e conservatorismo (una destra parzialmente sdoganata con profumi di secessione e di neofascismo) non esistessero affatto ma che ciò che contava fosse lo stare in mezzo al guado. Nè di destra, ne progressista ma solo fatti da affrontare, ogni giorno, con spirito costruttivo. L'evidente cialtroneria di questa posizione abbiamo potuto verificarla in oltre dieci anni di governicchi ambivalenti e di scelte risibili che anche qui finirono in maniera ignobile. Era, dunque, inevitabile, che la destra (forte del suo nuovo conservatorismo populista) prendesse il potere e relegasse i progressisti a decidere cosa fare della propria politica. Oggi, dopo due anni di governo conservatore e anche un poco reazionario, vediamo che a sinistra, pardon, nelle file progressiste, qualcosa si è andato assestando, almeno nei ranghi del Partito Democratico e alla sua sinistra, sebbene svarioni di vario tipo emergano carsicamente per sottolineare la "progressione (proprio in questi giorni, tra la votazione a favore di Fitto a Strasburgo e la proposta di aumentare il finanziamento ai partiti pare evidente la difficoltà di "aderenza", proprio di grip, al terreno di una vera sinistra. Resta allora da chiedersi cosa ci stia a fare Giuseppe Conte in quella posizione, visto che prima il Movimento 5 Stelle oscillava tra la destra e la sinistra e oggi, come il pendolo di Focault, si trova a barcamenarsi tra Partito Democratico e un asfittico centro. Tutto dunque si muove all'interno dell'aggettivo "indipendente" dato per scontato che essere "progressista" (per quanto si è detto sopra) sia già di per se un termine incerto e mutevole. Se osserviamo tutte le proposte riportate in quella specie di questionario di "ammissione alla politica vera" e votate in maggioranza dagli iscritti grillini, quello che balza agli occhi è la genericità di fondo che inevitabilmente non può che non accomunarli a un Partito democratico, naturalmente progressista. D'altronde, avendo traslocato la parte urlante e fautrice dei vari vaffa per altri lidi, qualunque accordo non può che andare in quella direzione. Dunque Conte e soci, per essere indipendenti, non dovrebbero cadere preda del Pd ma le uniche differenze si collocano sulla politica estera con il rifiuto della guerra in Ucraina (ma già AVS è su queste posizioni) e, contemporaneamente, risulta presente una stucchevole voglia di strizzare l'occhio a Putin e al "nuovo"  venuto Donald Trump che spiazza non poco i giochi. Rimane allora inevitabile provare a guardare verso il centro per un nuovo partito che comunque non esiste a livello locale e che gli ultimi sondaggi danno intorno al 10%, senza dimenticare che il vero fautore/controllore del Centro è Forza Italia (che sta dall'altra parte o meglio che non è affatto progressista). Dato per scontato allora il progressismo, da chi il movimento 5 Stelle è indipendente? Qualche altra parola di Conte sembra illuminarci su come superare l'enpasse : " radicali nei valori, pragmatici nelle soluzioni", frase che, vista la storia recente dei 5 Stelle ci riporta al classico piede in più di due scarpe (due governi opposti e sostegno a Mario Draghi) che non fa ben sperare per il futuro. La posizione di Conte e dei 5 Stelle è molto meno indipendente di quanto si creda in quanto gli elettori progressisti probabilmente preferiranno, nel futuro, l'originale (nel senso che risale alle origini) progressismo del Pd e non una copia poco chiara e venuta male tipo ciclostile di antica data. Il Partito democratico ha dalla sua la lontana genitorialità della sinistra e di averla successivamente annacquata (fa sorridere la considerazione "positiva" di tale constatazione), mantenendo almeno una sua singolarità di fondo dopo aver cercato per anni la propria nuova personalità (immagino ricorderete la sequenza di nomi, nel 1991 Partito Democratico della Sinistra con la quercia, nel 1998 Democratici di Sinistra con l'eliminazione della falce e martello, 2001 Partito Democratico). Allora, tornando ai 5 Stelle, non può non sfuggire la pesante fatica di convincere gli elettori del loro progressismo, accettabili in linea di massima proprio perchè i loro principi incarnano gli stessi del partito democratico ma difficilmente da scegliere perchè ne sono sostanzialmente la copia. Ne tantomeno indipendenti perchè la loro collocazione li pone in una situazione di scacco difficilmente superabile. Il paradosso di questa situazione è proprio il bisogno, da parte di Conte, di rimanere in scia del Partito Democratico (sia nel bene ma soprattutto nel male quando, come in questi giorni, si sono scagliati contro il partito democratico per quanto si diceva sopra) per ottenere qualche vantaggio per la propria esistenza elettorale ma alla lunga non vi sono ragioni obiettive per continuare a votare un partito che non riesce a mostrare una propria reale differenziazione dalle altre forze politiche, ovviamente progressiste, almeno dalla parte sinistra dell'emiciclo (su Renzi e Calenda un pietoso silenzio). Per finire, diciamolo chiaramente. Noi che la vediamo progressista (cosa altro è rimasto?) moriremo progressisti. Non c'è alcun dubbio. Come le generazioni precedenti morirono democristiane e comuniste, a noi è toccato cambiare in corsa. A parte qualche nostalgico di antichi fasti massimalisti, aggrappato con rispettabile voglia al sol dell'avvenire, scivoliamo sul piano inclinato del progressismo in varia compagnia. Proviamo a puntare i piedi, non si sa mai cosa possa esserci in fondo alla discesa.

Giorgio Giannoni 

Nessun commento:

Posta un commento