16 giugno 2022

NEL MONDO Crisi alimentare: non è colpa della guerra ma della globalizzazione

 


Perchè non ci guardiamo veramente negli occhi e valutiamo realmente quanto sia ipocrita servirsi del drammatico problema del grano ucraino per parlare di fame e di mancanza di cibo? Ancora una volta la realtà dei fatti ci riporta inevitabilmente alla struttura della nostra società umana e in particolare non alla poca quantità di cibo a disposizione ma alle speculazioni finanziarie che muovono questo mercato.

 

Speculazioni che sono il portato delle scelte sbagliate con le quali il mondo occidentale continua a nutrirsi. Primo fra tutti la " contraddizione epocale per la quale ormai è diventato più conveniente alimentare gli animali da allevamento che gli esseri umani. Il nostro modello di consumo prevale su quello etico, per cui preferiamo un bovino pasciuto e pronto per la macellazione per i grandi mercati globali ad un bambino morente di fame in Asia o in Africa. Nell’Unione Europea, ad esempio, sono destinati all’alimentazione animale quasi due terzi delle produzioni complessive dei cereali, mentre solo un terzo va al consumo umano". Detto questo a seguire un articolo tratto da Micromega, in cui emergono particolari molto inquietanti, chiariamoci le idee e magari cominciamo a pensare un poco di più.

Crisi alimentare: non è colpa della guerra ma della globalizzazione

di Marco Omizzolo e Roberto Lessio da Micromega

La crisi alimentate globale che si prospetta a causa dell’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina presenta, a una lettura attenta della sua complessità, delle contraddizioni che indicano la natura speculativa del mercato alimentare globale e responsabilità che restano nascosti agli occhi dei cittadini. Si consideri, ad esempio, come dato di partenza, che la crisi alimentare paventata non trova alcun riscontro nei numeri della produzione mondiale di derrate alimentari. Ciò significa che la produzione alimentare non è, forse, il problema principale, contrariamente a quanto molti sostengono, e che esso invece si annida sulle modalità di produzione, distribuzione e speculazione che nel corso degli anni sono state riarticolate da multinazionali del cibo, investitori e speculatori di varia natura, insieme a numerosi governi compiacenti e collusi..

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