29 maggio 2022

PENSIERI STUPENDI: Laurina, l'ultima spiaggia di Giorgio Giannoni

 

Va da sé che Laura non crede
Non crede più
Passa il sale, chiacchiera, siede
E guarda giù                
Canzone per Laura  Roberto Vecchioni 1975

 


Non ero a Sarzana nell'ultima settimana e solo ieri ho casualmente visto alcune foto riguardanti il nuovo edificio del Laurina, nelle quali si coglievano i prodromi, gli inizi di una chiusura degli storici portici con le solite strutture simil-gazebo. Ci sono vari aspetti, a mio avviso, da considerare nel voler dire qualcosa su questa sorta di rito pagano costruttivo che si esplica oramai da tempo immemore nei nostri centri storici e in particolare nel nostro castrum.

 

 Prima di tutto il concetto di bellezza, ridotto da tempo ad un insignificante orpello. Negli ultimi tempi, nella società, a scuola o nelle famiglie, il criterio di riferimento nel guardare il mondo è solo un bieco utilitarismo. Assistiamo inerti ad unioni informali tra l'arte e l'apparecchiare di un qualsiasi desco in piazze o sotto portici di antica data mossi solo da dimensioni similmensa e da riciclo turistico-dipendente che ha preso forma dall'ignoranza profonda su tutto ciò che possa avere un significato propriamente artistico. L' importante rimane, solo e sempre, attirare e accomodare al meglio una folla turistica che, in accordo con i gestori, hanno in mente di dare luogo non al rito sociale del mangiare ma allo sfogo, in molti casi, della loro fame bulimica, quale che sia il contorno panoramico servito. 

In secondo luogo la storia. La Laurina, pur squassata dalle modifiche, ottenebrata da incombenti, torve costruzioni  è un luogo della nostra storia. In essa si sono succeduti avvenimenti neppure troppo lontani nel tempo che dovrebbero continuare a fare pensare, sebbene ambienti come quelli dove i fascisti e i nazisti torturavamo i partigiani siano stati modificati o persi durante la ristrutturazione. Il riposizionamento della lapide dedicata a Jacobs sulla facciata, nel mezzo di due arcate, lo ricorda con vigore e simboleggia sempre la grandezza della libertà contro l'oppressione. Ma forse molti non sanno l'origine del nome stesso e come fu usato questo storico immobile: la signora Laurina gestiva una piccola trattoria in Via dei Macelli ora Via P. Gori. Successivamente, si trasferì nei locali che dai primi anni '50 vennero occupati dal panificio Bugliani. Al piano superiore dell'edificio aveva sede la Corte d'Assise. Trasferita la Corte, i locali ospitarono la Pretura. Successivamente nell'immobile lasciato libero dagli uffizi giudiziari, iniziò l'attività di albergo(da Welcome Sarzana)


Ristorante Laurina ai primi del '900. Sulla sinistra si nota la stazione del Dazio e la pesa pubblica.(clicca sull'immagine per ingrandire)

Dunque un luogo, sebbene aggiornato ai nostri tempi sbilenchi, carico di significati ancestrali, di una non banale presenza nei crocicchi significativi della nostra storia. Un luogo da non diluire nel semplice rifacimento di una piazza o con l'aggiunta di incongrui orpelli ma da continuare ad accudire con rispetto e moderazione.

Qualche giorno fa ho accolto con particolare soddisfazione le parole della sindaca Ponzanelli (vorrei derubricare le solite, banali, inopportune liti tra amministratori ed opposizione), la quale, nell'opporsi alla prevedibile scelta della proprietà, rimarca quella dimensione di semplice presenza sentimentale di un edificio. Non è cosa da poco, per tutti noi, sentire quel senso di appartenenza, di condivisione che alcuni luoghi, dove passiamo la nostra vita, ci comunicano. Dove fin da piccoli ci muoviamo con sicurezza, con semplicità, facendo nostre dimensioni arcane e angolazioni nascoste delle strade, dei muri, cosicché, quando qualcosa o qualcuno nega la loro fruizione, ci sentiamo defraudati di qualcosa di profondo, sentito, come il passare, appunto, sotto i portici del Laurina, da sempre "proprietà" inalienabile dei sarzanesi e luogo di incontro davanti al panificio dei "vecchi Bugliani", frequentatissimi da intere generazioni di cittadini.

In terzo luogo esiste per il sottoscritto ma soprattutto per mio fratello Andrea, una motivazione personale. Molti ricorderanno la gestione del locale da parte di Agostino Mistura, cuoco e sommelier cremonese, trapiantato a Sarzana dove il destino ha voluto che incontrasse e sposasse la sorella di nostra madre. Dunque per noi entrare e uscire dal Laurina era cosa di tutti giorni e il locale (di cui conoscevano ogni angolo), praticamente l'unico albergo in centro, rappresentava un crocevia di persone e personaggi proprio sotto i portici che mio zio Agostino non ha quasi mai usato come luogo per il pranzo o per la cena rispettandone, forse inconsciamente, la dimensione di luogo di passaggio e di incontro. In più questo luogo ha rappresentato per mio fratello l'approccio a quella professione di cuoco che avrebbe rappresentato il suo futuro esistenziale e lavorativo. Dunque un luogo della memoria, del rivivere di un proprio passato, di sentimenti mai sopiti.

Posso immaginare che tali motivazioni personali possano lasciare il tempo che trovano, tuttavia sono rappresentative di come un luogo possa diventare, aldilà del personale e del contigente, un qualcosa di tangibile e operante nel cuore delle persone e quando chiunque, per i motivi più superficiali, si pone nell'ottica di una cambiamento fine a se stesso non può che incontrare l'opposizione, il rifiuto, la negazione da parte di coloro che hanno nel cuore la loro città. 

Leggo questa mattina sul Secolo XIX che Carlo Ruocco, il fondatore del Comitato Sarzana che Botta, è stato rinviato a giudizio per diffamazione nei confronti dei proprietari  del Laurina e del palazzone eretto sul suo retro in Piazza Muccini. L'accusa pare riguardare gli studi e le carte presentate dal Comitato per evidenziare mancanze ed errori nella gestione della costruzione del palazzo e della ristrutturazione del Laurina stesso, considerate dalla società come diffamatorie ed inesatte. Non sono in grado di entrare nel merito della questione sia per mia ignoranza quanto perchè, a questi punti, sarà la magistratura a deliberare sulla giustezza o meno delle contestazioni. Tuttavia, riallacciandomi a quanto detto, ho sempre pensato, in accordo con Carlo Ruocco, che il progetto stravolgesse completamente la Laurina e la sua storia e ho sempre deprecato il fatto che la società costruttrice non fosse giunta ad un accordo con il Comune per una modifica meno impattante, meno invasiva, più rispettosa della storia cittadina.

Oggi, a cose fatte, tentiamo almeno di mantenere, in una piazza San Giorgio rivisitata, quel profumo di passato di cui una comunità ha bisogno per guardare con fiducia ad un futuro non troppo sicuro. Non facciamo che il Laurina divenga veramente la nostra ultima spiaggia.

Giorgio Giannoni

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