La Grande Pasqua Russa fu composta a San Pietroburgo nell'estate del 1888, in un periodo in cui Rimskij-Korsakov stava lavorando anche a Shéhérazade e all'orchestrazione dell'opera Il principe Igor lasciata incompiuta da Aleksandr Borodin, morto l'anno precedente. Il titolo originale è in realtà Svetliy prazdnik, che letteralmente significa Giorno di festa splendente, ma ad entrare in uso è stata una parte del più esplicativo sottotitolo, Ouverture di Pasqua su temi dell'Obikhod, che fa riferimento anche alla raccolta di canti russi ortodossi da cui sono tratti i temi principali della composizione. Dedicata «alla memoria di Musorgskij e Borodin», l'Ouverture fu eseguita per la prima volta il 3 dicembre del 1888 in un concerto del Club della Nobiltà di Pietroburgo sotto la direzione dell'autore e fu pubblicata nel 1890 a Lipsia da Beljaev come op. 36.
La partitura è preceduta da un "programma del compositore" formato da due brevi citazioni bibliche - il Salmo 68 ("Sorga Iddio, si sperdano i suoi nemici") e i primi sei versetti del sedicesimo capitolo del Vangelo di Marco con la narrazione dell'episodio dell'incontro fra le pie donne e l'Angelo che annuncia loro la Resurrezione - e dal seguente testo: «La gioiosa notizia si propagò per tutto l'universo e quelli che lo avevano odiato fuggirono davanti a Lui e svanirono come fumo. "Resurrexit" cantavano i cori degli angeli nel cielo al suono delle trombe degli arcangeli e al fruscio delle ali dei serafini. "Resurrexit" cantavano i sacerdoti nei templi avvolti da nuvole d'incenso nella luce di migliaia di candele e nello scampanio di campane trionfanti».
Tutto questo non deve far pensare a un lavoro di ispirazione religiosa o comunque animato da una fede fervente. Rimskij-Korsakov era sostanzialmente un non credente e in un passo delle Cronache della mia vita musicale, la sua autobiografìa apparsa postuma nel 1909, spiega con scientifica lucidità le sue intenzioni nel comporre questa Ouverture, che sembrano molto più simili a quelle di un turista curioso che prenda un'istantanea di una chiesa russa la mattina di Pasqua o, al massimo, a quelle di un sociologo che osservi questo avvenimento: «Per poter giudicare con un minimo di fondatezza una tale opera si deve aver assistito almeno una volta nella propria vita ad una messa mattutina di Pasqua, in una grande chiesa stipata fino all'inverosimile di uomini di tutte le classi sociali, mentre numerosi pope celebrano contemporaneamente l'ufficio divino. A molti ascoltatori del ceto degli intellettuali, per non parlare degli ascoltatori di altre confessioni religiose, manca completamente una simile esperienza [...]. Nella composizione, reminiscenze di profezie vetero-testamentarie e dell'annuncio della Buona Novella si uniscono ad una rappresentazione generale della messa di Pasqua e di tutta la sua "allegrezza pagana". Dico ciò in piena consapevolezza; infatti nelle danze di Giubilo del re David alla vista della Terra Promessa, di cui ci parla la Bibbia, non si esprime in fondo la stessa situazione emotiva di una danza pagana di fronte agli idoli degli dei? E tutto quello scampanio che si fa in Russia la mattina di Pasqua non sembra forse voler accompagnare un'immaginaria danza religiosa? Erano proprio questi tratti leggendari e pagani della festa pasquale che volevo esprimere nella mia Ouverture, questo passaggio repentino dall'atmosfera cupa e misteriosa del Venerdì Santo alla gaia sfrenatezza, pagana e religiosa allo stesso tempo, del giorno di Pasqua».
Carlo Cavalletti
Testo in parte tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia, Roma, Auditorium Parco della Musica, 22 novembre 2008

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