14 dicembre 2022

EVENTI: Brevi note conclusive sulla serata sarzanese dedicata a SOUMAILA DIAWARA e al problema dell'immigrazione.

Il tavolo dei relatori
 

Abbiamo continuato a sorridere, ad amare

A discapito di tutto

Stanchi di spiegare

Stanchi di dover difendere

un colore di pelle...da Unitevi! "Sogni di un uomo" Soumaila Diawara


Non è per niente facile parlare di immigrazione, soprattutto per le troppe voci che risuonano in ogni dove e sostanzialmente con vari scopi personali, narcisistici, elettorali o dissacratori che rendono nebuloso l'avventurarsi a parlare di esseri umani e non di pacchi malevoli, come molti considerano le persone che ogni giorno si affacciano ai nostri confini e chiedono di essere aiutate.


Dunque ascoltare i veri protagonisti di questo dramma d'inizio millennio è potuto servire a ordinare le cose, a osservarle nella loro definizione e nel loro svolgimento, restituendo al semplice cittadino un riferimento certo e non inquinato da speculazioni fuorvianti. 

Un'incontro, allora, nei termini della scoperta e della riflessione al quale hanno partecipato una trentina di spettattori attenti e motivati.


La giornalista Elisa Alciati

Non è un caso che l'esordio da parte della moderatrice, la giornalista Elisa Alciati, si è da subito proposto con la fondamentale differenza tra immigrazione ed emigrazione. Le acute parole di Elisa hanno fatto notare a tutti la terribile dicotomia che esiste tra la necessità, l'impellenza, il bisogno di dover lasciare la propria casa per i motivi più vari  e dunque emigrazione come fuga, come motivo per cercare un futuro migliore dall'inedia personale o dalla propria morte e l'immigrazione intesa, soprattutto dal mondo occidentale, come alterazione di un equilibrio, come arrivo indesiderato e volontario, compiuto in nome di una invasione che tenderebbe a togliere, a privare il cittadino del proprio benessere, delle sue proprietà o del lavoro.


Soumaila Diawara

Il pensiero e le parole di Soumaila Diawara si muovono proprio su questa direttrice. Nel voler far comprendere ad ognuno come da situazioni coercitive si possa arrivare ad una consonanza di idee, di intenti e come lo stare assieme abbia una ricaduta positiva in ogni parte del mondo dove altre persone, diverse ma allo stesso tempo uguali, arrivano per vivere.  

Il racconto di Soumaila è partito proprio dalla necessità di fuggire, di scappare a causa delle sue idee comunitarie, velate di un comunismo di fondo (i riferimenti a Gramsci ma anche a Primo Levi sono stati illuminanti) ma con toni quasi cristiani( sebbene Soumaila si definisca ateo) che metteveno in forse quel brutale potere capitalista e quelle insane gerarchie che anche nel suo paese, il Mali, dirigono i tempi dell'esistenza di un popolo. Eppure, dalla sua terribile odissea, Soumaila ha tratto ancora più forza e fiducia corroborando il suo pensiero di unione e di fratellanza. Le sue parole incitavano a non farsi prendere  dalla rabbia, a ragionare sui problemi, ad una attesa che in certi casi raggiungeva, nell'ascoltare il suo racconto, un qualcosa di mistico (qualcuno nel pubblico non ha potuto fare a meno di chiedergli dove trovasse quella forza, quel coraggio davanti ai sopprusi, alle violenze che lui stesso ci mostrava) che stupiva ma che ispirava un senso di forza dalla sua figura pacata ma certa delle proprie idee. 


Matteo Sampiero di Amnesty International

Ma, come abbiamo detto, la presenza di altri protagonisti ha avuto lo scopo non solo di contornare la terribile epopea di Soumaila ma di evidenziare come la nostra visione politica e sociale non collimi ancora con quel futuro e inevitabile rimescolamento umano che caratterizzerà i prossimi decenni del pianeta. In questo senso le parole di Matteo Sampiero di Amnesty International hanno chiarito quanto il famigerato Memorandum con la Libia abbia perso quelle poche caratteristiche positive che mostrava in partenza per diventare uno strumento di violenza e di morte nei confonti degli immigrati e di come il regime libico guadagni i suoi soldi, offerti da Italia ed Europa con il sangue, le torture, gli stupri dei cosidetti campi di attesa, veri lager di nazistica memoria. Luoghi che i libici hanno tutto l'interesse a mantenere attivi, basti pensare, a detta di Amnesty, al continuo recupero di immigrati (circa centomila ad oggi dal 2017 al 2022) che, facendo naufragio vicino alle coste libiche, vengono "salvati" continuativamente e ricondotti nei campi.


Simonetta Lombardi Croce Rossa Italiana

Ma le parole di Simonetta Lombardi della Croce Rossa Italiana e di Don Luca Palei della Caritas hanno evidenziato quanti sforzi vengono compiuti dai volontari di queste strutture per aiutare e trasmettere quella necessaria empatia, utile per rassicurare, confortare persone che hanno visto e subito l'inferno. Hanno parlato della loro esperienza quotidiana e di come sia difficile lottare contro muri di burocrazia (certe volte per avere le sospirate carte ufficiali, gli immigrati possono aspettare anche oltre tre anni nei centri) e vedere quelli che hanno resistito al viaggio, cedere nei comportamenti, nelle relazioni, distrutti dall'attesa, dal rifiuto del mondo esterno. Anche il bere diventa un modo per sfuggire a una società che se da un lato può aiutarti dall'altro nega la tua esistenza e la tua dignità.


Don Luca Palei  Caritas

Consiglio a tutti di acquistare il libro di Soumaila. In quel piccolo, grande testo sono racchiusi concetti di una umanità disarmante e un resoconto fotografico che, con spregio del pericolo, Soumaila ha portato avanti, giorno dopo giorno, per documentare luoghi e condizioni di un calvario inammissibile per gli esseri umani. 



Riflettere, ragionare, guardare dentro la propria condizione fortunata dovrebbe essere obbligatorio per quella parte del pianeta che, con la sua opulenza, il proprio benessere è stata causa di diseguaglianze, di incomprensioni, di violenze e di lutti. Solo così facendo potremmo almeno tentare di superare quegli egoismi, quegli odi, quei dettami della nostra sociocultura che nel nostro inconscio cominciano ad agitarsi quando incontriamo altri esseri umani e ne siamo spaventati. E' l'eterna paura del diverso che oggi, nel terzo millenio, non ha più alcun senso, soprattutto se la presenza della nostra specie e dell'ecosfera che ci accoglie, in questi ultimi anni, è stata messa in pericolo da scelte sempre più estremizzate e pericolose che una parte del mondo ha prodotto dimenticando le proprie origini e i propri legami biologici. 

La dedica di Soumaila sulla mia copia del libro è questa:" Non abbiamo muri, ma cuori". Non serve aggiungere altro.

Giorgio Giannoni 

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