Con questo evento InSarzana conclude la sua attività 2025. Un anno con alcuni problemi legati alla salute di alcuni di noi che, tuttavia, non ci hanno impedito di essere presenti in tutta una serie di incontri e di partecipazioni, l'ultimo dei quali ha visto presente lo scrittore, saggista e musicista Marco Rovelli che con il suo nuovo libro "NON SIAMO CAPOLAVORI"ha voluto portare la sua testimonianza e i suoi punti vista sul disagio giovanile, lui che esercita la professione di insegnante al liceo di Massa.
Una prolusione molto interessante dove è emersa la linea portante del pensiero di Rovelli basata sul concetto di fallimento e sulla nota frase di Beckett: " Ho sempre provato, ho sempre fallito. Non importa. Proverò ancora. Fallirò ancora. Fallirò meglio».
Ecco come Marco Rovelli esemplifica il punto:
"Il fallimento è l’incubo delle generazioni cresciuta nella società performativa degli individui. Una società che mette l’Io al centro, dove ogni Io è chiamato incessantemente a essere all’altezza di standard, giudizi, immagini, di ingiunzioni prestazionali che ti si impongono in ogni ambito della vita: in famiglia, nei media, nei social, nella scuola, e ovviamente nel lavoro che ti aspetta. Questo è l’esito di quella grande trasformazione antropologica neoliberale che ha preso corpo dalla fine degli anni settanta, e che ha posto l’individuo al centro dell’immaginario etico, un individuo chiamato a essere imprenditore di se stesso. Si tratta di produrre se stessi, tutto ti chiama a farlo. Ed è una pressione che risulta intollerabile. La fragilità dei giovani, e il disagio sempre più diffuso, è legato a questo fattore. Si vive nel terrore dell’errore che dimostra che non sei all’altezza, che non sei capace, che non sei. E così il fallimento – che nell’enunciato di Beckett era proprio quella necessità dell’umano, perché l’uomo vive nel e del suo proprio fallimento, ed è fallendo che procede – diventa un evento intollerabile, che ti schiaccia.
Oggi si vive in un regime di visibilità, in cui essere significa essere visti – è quello che ho chiamato Io vetrificato: trasparente come il vetro, esposto allo Sguardo e al suo Giudizio, all’immagine riflessa su di lui; e come il vetro fragile, esposto alla possibilità della disintegrazione. Se non capiamo questo, non capiamo nulla dei giovani. E purtroppo gli adulti troppo spesso non lo capiscono, e giudicano".
Peccato, e dobbiamo dirlo con forza, di tutto ciò poco importa alle nuove generazioni stesse, ai genitori e ai cittadini in generale che, sostanzialmente, a parte un piccolo ristretto pubblico, hanno disertato l'incontro. Eppure anche la presenza delle neuropsichiatre della Asl che hanno interloquito con forza con l'autore possedeva un che di significativo e di importante nel delimitare e approfondire la tematica, così importante per la vita futura di molti giovani. E' l'ennesima dimostrazione di quanto sia difficoltoso spostare le alienanti dinamiche che alimentano la sociocultura del nuovo millennio, dove l'individualismo estremo, il narcisismo strisciante, il consumismo più sfrenato spingono le nuove generazioni e gli adulti di riferimento verso un futuro privo di reali rapporti umani, socialmente appaganti.
A seguire, per tutti coloro che, comunque, vorranno vedere e ascoltare le parole di Marco Rovelli, abbiamo pubblicato sul nostro canale You Tube la registrazione dell'incontro nella speranza che non tutte le parole dette siano evaporate nell'inconsistente regno dell'indifferenza.
InSarzana
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