15 dicembre 2022

PENSIERI STUPENDI: Adani, Argentina, Messi e i cammelli

 





Perdonatemi se parlo di calcio o almeno mi avvicino al tema visto l'inflazione mediatica che ottunde i nostri sensi in questo periodo di Mondiale. Tuttavia, ho sempre pensato che questo gioco fosse il più bello del mondo e oggi rimango della stessa idea che ho maturato nelle mie poche uscite giovanili nei campi del Torneo dei Bar a Sarzana.


Partecipazioni che hanno sancito il mio basso livello agonistico e la mancanza, almeno non troppo totale, dei fondamentali per non parlare degli occhiali, vera remora per qualunque gioco sportivo. Tuttavia ho continuato a seguire il calcio (da buon milanista, Rivera dipendente) fino a quando la degenerazione dello stesso, il rimescolamento del mercato calciatori e l'inflazione straniera, i soldi a fiumi, gli intrallazzi hanno tolto ogni voglia di seguire il campionato, oramai vissuto a "pallose" puntate durante la settimana e con la domenica calcistica sempre meno importante nel suo contesto. Dopo aver smesso di guardare anche le coppe europee mi è rimasta la Nazionale con i suoi pochi alti e molti bassi a soddisfare l'antica voglia di dare calci ad una palla. Ma i Mondiali rimangono i Mondiali, con il suo carico di novità, di scuole calcistiche diverse, con i suoi outsider e favoriti sebbene, quest'anno, la scelta disastrosa del Qatar come paese ospitante ha rappresentato l'ennesimo affronto ad un gioco popolare che appartiene (almeno nella sua essenza) alla gente comune e che ha visto il suo svolgersi in un ambiente fortemente ricco e opulento ma povero, se non mancante, di diritti umani, di valori di eguaglianza e solidarietà, edificato sulle morti di molti lavoratori e sulle discriminazioni di genere e di censo. Qualcuno allora dirà: perchè parlare di pallone, visti questi presupposti. Per una semplice, personale ragione. Per la prima volta nella mia pluridecennale partecipazione televisiva ai Mondiali ho avuto la fortuna di ascoltare Lele Adani e le sue telecronache. Racconti che mi hanno riportato indietro nel tempo verso i rarefatti e solari commenti di Martellini o quelli diligenti di Pizzul capaci di registrare nelle loro parole un vecchio mondo calcistico che sapeva di improvvisazione, di divertimento, di campanilismo, di sfottò della domenica o di interminabili discorsi al lunedi mattina. E' proprio nelle esagerazioni affabulatorie e quasi onomatopeiche di Lele Adani nel descrivere le gesta di Messi che si è rivissuto, per qualche istante, quella partecipazione, quel sentirsi parte di una squadra o nell'indossarne con orgoglio la divisa. Un amore verso il calcio che veniva rappresentato ancora una volta dalle giocate impossibili, ultraterrene del campione, cioè del vero calciatore non muscolare ma funambolico, estroso ma rispettoso, imprevedibile ma tatticamente superbo (guardatevi il film su Baggio, Il Divin Codino tanto per intenderci). Le esclamazioni di Adani registravano uno stupore repentino e incredibile e quindi inarrestabile nella veemente constatazione di essere davanti al genio, al palleggiatore, alla musica delle sfere o meglio delle palle rotolanti. Chi non sente questo nel profondo non può amare il calcio ma è solo un pedissequo mediano/spettatore delle infinite partite che oramai riempiono i programmi televisivi, degli inutili ascolti di infiniti commenti, in infinite reti private e nazionali sullo straniero di turno che arriva dalle parti più remote del pianeta, capace di sostituire, a detta loro, i giovani del vivaio in qualche squadraccia di alta e bassa categoria (i risultati sulla Nazionale si vedono, oh se si vedono!). Persone che guardano la partita il cui commento, da parte dei giornalisti, deve essere consono, funzionale, algido al punto giusto, politically correct all'estremo da non prendere neanche posizione sugli errori pacchiani che anche il Var, non si sa come, commette. E' triste vedere come la passione calcistica, lo stupore per il tocco dorato, l'iperbole del sombrero o del cucchiaio si esauriscano nello scarno commento di pochi istanti per poi perdersi nella banalità della telecronaca. In fin dei conti è il calcio stesso che si è dato la zappa nei piedi escludendo, mettendo ai margini, il fantasista, il grande palleggiatore e avendo in cambio la monotonia muscolare, lo scambio di ruolo di robot pluriadattativi , la corsa continua e inarrestabile. Eppure, ogni tanto, come l'altra sera, un cantore di prodigi ci riporta indietro, ci afferra per il bavero del pigiama e ci dice di guardare là davanti meglio, con più attenzione perchè il Calcio con la C maiuscola, sebbene per un solo istante, si è palesato, ha illuminato i nostri volti assopiti, ha compiuto la sua meraviglia e si è di nuovo mascherato, eclissato negli stancanti passaggi del centrocampo o nei lanci lunghi di qualche incapace centrale di turno. Godiamoci le iperboli di Adani, sono salutari e disarmanti nella loro inflazione semantica (ma ascoltatelo anche quando parla di disposizioni tattiche o di cambi o delle qualità di un giocatore a dimostrazione della sua competenza). In fin dei conti anche Gianni Brera la pensava così anche se, certamente, lo scriveva meglio. A seguire parole e video, per non dimenticare.


Adani, Argentina, Messi e i cammelli

Si è contenuto fino a un certo punto, poi non ce l'ha più fatta. Lele Adani, scelto dalla Rai come commentatore tecnico a supporto di Stefano Bizzotto in occasione della semifinale del Mondiale tra Croazia e Argentina, non ha resistito al desiderio di esaltazione delle prodezze dell'Albiceleste e, in particolare, di Leo Messi. Nonostante le numerose critiche ricevute nei giorni scorsi per i toni esasperati con i quali aveva commentato le giocate della Pulce e in generale della nazionale guidata dal ct Lionel Scaloni, l'ex difensore ha risposto piccato in diretta: "E noi dobbiamo stare a contenerci per chi?".

E infatti non si è contenuto: "Messi ancora, gioca in tutte le posizioni, incredibile. Guarda che roba… Il miglior 10, il miglior 9, il miglior 8 e il miglior 7 in campo. E noi dobbiamo stare a contenerci per chi? Per non ringraziare quello che sta dando questo giocatore a tutti". E ancora: "Aprite il cuore e ringraziate che sta giocando ancora per tutti quanti". Oppure: "Ti riporta Maradona in un campo di calcio. Non lo vedono mai! Elargisce amore attraverso una palla di calcio, questo sta facendo Messi. Ridisegna i confini del suo destino, influisce su tutti: compagni, avversari". Sì, si è contenuto solo fino a un certo punto. Un lasso di tempo molto ristretto. (da Tuttosport)

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Messi che “genera lo spazio, lo inventa” grazie alla “dinamica dell’impensato”. Messi – chi altro? – che “dribbla tutto, anche i cammelli del deserto” (in occasione della serpentina con cui ha umiliato Gvardiol servendo l’assist del 3-0 a Julian Alvarez) e che “riporta Maradona dentro un campo da calcio”.(da DIRE)

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