Questo articolo di Loredana Lipperini casca, come si dice, a fagiolo, per parlare un istante di curiosità, per poi passare al contenuto reale dello stesso articolo incentrato sulla semasiografia e sul film Arrival dove il finale si riallaccia alla mancanza della curiosità stessa (e alla presenza del rancore). Da leggere solo se siete realmente curiosi.
Ho sempre pensato che un interesse circoscritto, un vedere-sapere improvvisato fosse il primo gradino per avvicinarsi alla cultura, quella vera, quella che incontri casualmente ma affronti con fatica e nuovo interesse, che rifugge però dai soliti appuntamenti, dalla routine dell'eterno ritorno, dalla fruizione massificata, dalle spinte di potere, accesa magari proprio da quella necessaria approssimazione che permette di occuparsi di alcune cose senza diventarne schiavo, senza dover approfondire ogni risvolto, ogni conseguenza ma che alla fine ti consente di orientarti, di muoverti con più semplicità all'interno di questa folle, sbilenca, complicata realtà in preda alle sue convulsioni inconsce peggiori. L'articolo della Lipperini si occupa di fantascienza, del film Arrival e del racconto di Ted Chiang da cui è nato, partendo dalla constatazione che le parole usate in questa modernità siano sempre meno e sempre le stesse.G.G.
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| Loredana Lipperini |
SEMASIOGRAFIA, O DELLA FINE DELLA CURIOSITA’
di Loredana Lipperini da Lipperatura
Tra gli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta scrivevo per Il Secolo XIX di Genova: mi occupavo di televisione, seguivo le conferenze stampa, i dietro le quinte, facevo interviste. Era un passo verso il giornalismo, che allora ritenevo fosse quel che mi interessava. Al tempo, dunque, Simonetta Robiony si occupava di televisione per la Stampa, e mi disse una cosa che ancora oggi ricordo: i giornali stanno perdendo le parole. Ne usiamo molte di meno, usiamo sempre le stesse...
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Arrival-Il trailer del film
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