05 ottobre 2024

INCONTRO CON ANTONELLO PASINI: Il suo libro EFFETTO SERRA EFFETTO GUERRA CLIMA, CONFLITTI, MIGRAZIONI: L'ITALIA IN PRIMA LINEA

 

In attesa di ascoltare Antonello Pasini nell'incontro di sabato prossimo 12 ottobre (ore 10,30 Sala Conferenze Vecchio Ospedale, Via Paci 1 Sarzana) vorremmo portare all'attenzione dei cittadini alcuni dati sulla figura di questo importante climatologo e alcune sue pubblicazioni.


Particolarmente importanti sono gli ultimi due suoi libri pubblicati proprio sui pericoli e sulle molte complicazioni che i cambiamenti climatici stanno causando sul pianeta e in particolare sull'Italia.

 Oggi parliamo del primo di essi: EFFETTO SERRA EFFETTO GUERRA Clima, Conflitti, Migrazioni: l'Italia in prima linea, pubblicato nel 2020 e scritto in collaborazione con Grammenos Mastrojeni, un diplomatico italiano. Ne riportiamo, a seguire, la Presentazione  e l'Introduzione 




Presentazione

Vedere il problema dell’immigrazione e dei conflitti dalla parte del clima. Una prospettiva inedita. Quanto i cambiamenti climatici influiscono sulle migrazioni e sulle crisi internazionali? Più il deserto avanza più le ondate migratorie aumentano. Più cresce il pericolo di guerre.

Un analista diplomatico (Grammenos Mastrojeni) e un fisico del clima (Antonello Pasini) indicano la strada per gestire cooperativamente il futuro che ci aspetta e che sarà segnato dalla rivoluzione climatica già in atto. 

Continue ondate migratorie aprono scenari a cui non eravamo preparati, e paiono il preludio a esodi di interi popoli. Le aree dove questi sommovimenti si originano hanno tutte qualcosa in comune: il clima che cambia, il deserto che avanza e che sottrae terreno alle colture mettendo in ginocchio le economie locali. Clima e guerre, clima e terrorismo. È difficile tracciare una precisa concatenazione di cause ed effetti fra il riscaldamento globale e i singoli eventi che ci hanno traumatizzato recentemente, ma una cosa è ormai certa: i clima che cambia contribuisce al disagio e all'aumento della povertà di intere popolazioni, esposte più facilmente ai richiami del terrorismo e del fanatismo. In tutto questo, l'Italia è in prima linea: lo sanno bene a Lampedusa. Per questo un climatologo e un diplomatico - così lontani, così vicini - hanno preso la penna giungendo alle stesse conclusioni: se abbandoniamo i più poveri da soli alle prese col cambiamento climatico, non solo facciamo finta di non capire ciò che ci insegnano la moderna scienza del clima e l'analisi geopolitica - che siamo tutti sulla stessa barca e che i problemi sono interconnessi e hanno una dinamica globale -, ma lasciamo anche crescere un bubbone di conflittualità che prima o poi raggiungerà pure noi; i primi migranti del clima lo sanno bene. Prendere coscienza dei rischi di un clima impazzito può favorire un'operazione di pace, integrazione e giustizia di portata inedita.


Grammenos Mastrojeni è un diplomatico italiano. Coordinatore per l’ambiente della Cooperazione allo sviluppo, partecipa ai negoziati internazionali su clima, terre, biodiversità, acqua e oceani. Insegna Ambiente e Geostrategia in vari atenei. Da una ventina d’anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici del pianeta. Per Chiarelettere ha pubblicato “L’arca di Noè” (2015, due edizioni).



Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr e autore di molte pubblicazioni specialistiche, insegna Fisica del clima a Roma Tre e Sostenibilità ambientale - aspetti scientifici all’Università Gregoriana di Roma. Vicepresidente della Società italiana per le scienze del clima, è anche un attivo divulgatore. Ha vinto recentemente il premio nazionale di divulgazione scientifica con il blog “Il Kyoto fisso” per la rivista “Le Scienze”.


INTRODUZIONE

Tutti percepiamo un’insicurezza crescente. L’attualità rigurgita conflitti e attentati; prendere un aereo ci sottopone a un calvario di controlli – ci siamo rapidamente dimenticati di quando non era così – e ci pensiamo due volte prima di raggiungere certe mete turistiche un tempo comuni; i luoghi pubblici sono presidiati dalle forze di sicurezza come non accadeva da molti anni; e strane guerre – conflitti che ci sarebbero parsi del tutto improbabili appena dieci anni fa – sembrano sorgere dal nulla. Ci siamo pure dimenticati che, solo vent’anni fa, espressioni come «guerra di religione» o «scontro di civiltà» sarebbero parse un riferimento libresco a un Medioevo superato dalla storia. Contemporaneamente, nuove ondate migratorie aprono scenari a cui non eravamo preparati, e paiono il preludio a esodi di interi popoli. Se osserviamo le aree ove questi sommovimenti si originano – per poi espandersi e colpire altre regioni – hanno tutte qualcosa in comune: il clima che cambia mette a dura prova le società fragili.

Sarebbe difficile tracciare una precisa concatenazione di cause ed effetti fra il riscaldamento globale e i singoli eventi che ci hanno traumatizzato ultimamente: i recenti attentati in Europa – a Parigi, Nizza, Bruxelles, Berlino, Manchester, Londra, ad esempio – c’entrano qualcosa col clima? E quel particolare barcone di rifugiati siriani? Difficile dirlo, ma una cosa è ormai considerata certa: il clima che cambia ha giocato una parte determinante nel provocare il crogiolo di disagi, violenze e fanatismi in cui tutti questi eventi hanno radici.

Il clima sta cambiando dappertutto e le sue conseguenze sulla pace, la stabilità e la sicurezza riguardano l’intero pianeta: certi scenari che esamineremo non promettono nulla di buono in Asia o in America Latina. Tuttavia, le crisi aperte e più chiaramente crescenti nel breve termine convergono per cerchi concentrici sul Mediterraneo e, nel bel mezzo del nostro mare, trovano un punto focale in un’Italia che si distende come un ponte fra la sua sponda meridionale e l’Europa.

Non siamo i soli a dover fronteggiare il problema: la coesione europea ha vacillato con l’arrivo di circa un milione e mezzo di migranti, sia sulla rotta mediterranea che su quella balcanica. Ma proiezioni inquietanti – discutibili perché nessuno ha la sfera di cristallo, però di fonti autorevoli come le Nazioni Unite – considerano possibile per le sole cause ambientali l’esodo di 200 milioni di persone entro il 2050. In tutto questo, l’Italia è in prima linea: lo sanno bene a Lampedusa.

Dobbiamo prepararci e integrare il rischio climatico non solo nella gestione del territorio italiano, ma anche nelle nostre scelte geopolitiche. In quest’ottica, questo libro non mira a preconizzare un’ineluttabile tragedia; lo scopo è tutt’altro. Con il rigore scientifico di un fisico del clima e l’analisi geostrategica di un diplomatico, dobbiamo capire cosa sta succedendo; ma non per avere paura o rassegnarci a un cupo futuro. Dobbiamo comprenderlo, tutti noi, perché le soluzioni ci sono. Non sono certamente i muri, che somiglierebbero al coperchio di una pentola a pressione sotto cui continuerà a bruciare il fuoco finché non esplode. Al contrario, si tratta di spegnere il fornello: prepararci assieme, paesi ricchi e poveri, vicini e lontani, a gestire cooperativamente dei territori che devono poter continuare a sfamare i popoli e a dare una speranza per il futuro anche sotto un clima che cambia. Paradossalmente, i rischi di un clima impazzito

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