08 aprile 2024

TERRITORIO & AMBIENTE: il climatariano da Lifegate.it


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In tv, sui giornali, persino sui social network possiamo far finta che la crisi climatica sia ancora oggetto di discussione. Possiamo far finta che esista una fetta di popolazione che reputa la questione lontana, poco “connessa” alla nostra quotidianità. In una parola: marginale. Poi arriva il dato che non ti aspetti. Quello che mette a tacere ogni diatriba, ogni polemica, ogni dibattito costruito ad arte per creare audience: l’84 per cento degli europei pensa che la lotta contro i cambiamenti climatici sia la priorità (52 per cento) o una questione importante anche se non al vertice della lista delle priorità (32 per cento).


Solo – in questo caso sì – un marginale 16 per cento pensa che la sfida per proteggere il clima sia una questione secondaria. Del resto, lo abbiamo imparato a memoria: per aumentare le vendite, l’audience, la copertura organica bisogna stimolare i sentimenti peggiori, quelli più reconditi, che prevedono conflitto, astio. Dobbiamo costruire la polemica. Oppure no. Noi siamo meglio di così. Anche se la minoranza fa più rumore, la maggioranza di noi – europei – ha ancora “la testa sulle spalle”. Siamo persone che si informano, che sanno comprendere, ma soprattutto affrontare la complessità. Un nuovo episodio del Climatariano può cominciare (e oggi arrivate fino in fondo perché c’è una sorpresa).

Nell’ultimo film di Paolo Virzì – Un altro ferragosto – c’è una scena in cui una delle protagoniste, interpretata da una Emanuela Fanelli in versione dark, si lascia andare a uno sfogo pessimista sulla fine della specie umana, incapace di far rete, di usare la propria intelligenza per vivere bene, vivere tutti. Al contrario, il monologo di Fanelli entra di diritto nella categoria del “morirete tutti, morirete male”. E pure da soli. Eppure, il sondaggio commissionato in esclusiva da Euronews a Ipsos in vista delle prossime elezioni europee di giugno e condotto su 25.916 cittadini di 18 paesi europei in rappresentanza del 96 per cento della popolazione dell’Unione è chiarissimo: c’è un’umanità che ha voglia di vivere, eccome. Vuole che la sfida climatica venga affrontata con urgenza. E che venga vinta, per garantirci un futuro. Tra i cittadini più attivi contro la crisi climatica ci sono i danesi: il 69 per cento pensa che la sfida climatica sia una priorità. Dopo di loro portoghesi (67 per cento) e svedesi (62 per cento). Al contrario, tra i meno propensi a mettere il clima in cima alla lista delle sfide del secolo che stiamo vivendo ci sono polacchi, cechi e finlandesi. Ma solo in Polonia la percentuale di persone che considerano il clima come un tema secondario è relativamente alta (35 per cento). In tutti gli altri non si supera il 25 per cento. In generale, sono le donne a trainare il “partito del clima”, con il 55 per cento che lo reputa “il” tema, contro il 49 per cento degli uomini.

 

Ma se la domanda fosse incentrata sul ruolo avuto dall’Unione europea per proteggere clima e ambiente negli ultimi anni, come cambierebbe l’opinione dei cittadini? Bè, solo il 32 per cento pensa che l’Europa abbia avuto un impatto positivo, come a dire: c’è molto da fare e bisogna farlo. L’unico paese che sfiora il 50 per cento in termini di buona reputazione dell’operato di Bruxelles per la protezione dell’ambiente è la Romania. Poi ci sono Portogallo e Finlandia. Insomma, non solo pensiamo che la sfida climatica sia quella che definirà il nostro secolo, ma vogliamo che si faccia di più e meglio. Alla faccia di quello che sta accadendo in queste ore. Con una delle leggi più importanti, intelligenti e lungimiranti mai concepite – la Nature restoration law, il regolamento europeo che stabilisce obiettivi precisi e vincolanti per ripristinare gli ecosistemi – ancora ferma al palo per via dell’opposizione di alcuni membri che stanno bloccando l’approvazione formale, dopo che il parlamento europeo si era espresso a favore. Ci vuole l’approvazione di 15 paesi su 27 in rappresentanza del 65 per cento della popolazione per avere la certezza che il regolamento diventi operativo. Eppure, ci sono davvero stati, come Italia, Svezia e Paesi Bassi che continuano a opporsi apertamente alla volontà popolare, mentre altri si stanno astenendo (Finlandia, Polonia, Belgio, Austria e Ungheria).

Una situazione al limite tra il ridicolo e il clamoroso, anche considerando certe esternazioni che abbiamo dovuto subire a margine del voto “popolare” in Russia. E l’ennesima conferma, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto sia fondamentale non bucare l’appuntamento con le elezioni europee che si svolgono tra il 6 e il 9 giugno. Alla domanda “cosa possiamo fare noi?”, c’è solo una risposta: votare, votare, votare. E votare per ciò che crediamo. Questa è l’unica vera arma che abbiamo tra le mani. Se ci fosse un vero partito del clima, non avrei dubbi sul fatto che otterrebbe la maggioranza assoluta. Altro che grande coalizione o super grande coalizione (vedi immagine sotto).

 

Questa è l’unica vera eredità che sarebbe straordinario ci venisse lasciata dal quel movimento che cinque anni fa riuscì a mobilitare centinaia di migliaia di persone scese in piazza in oltre duemila città, in 120 paesi di tutto il mondo, grazie a uno dei più imponenti scioperi per il clima mai visti.

Questa è la sorpresa

E per enfatizzare ancora di più l’importanza delle elezioni europee, con LifeGate e il Circolo dei lettori di Torino, abbiamo deciso di creare un ciclo di incontri che, per la prima volta, porteranno questa newsletter fuori dai vostri schermi. Quattro appuntamenti del Climatariano dal vivo, aperti a tutte e tutti, rigorosamente gratuiti, per tentare di unire la Cop28 alle elezioni europee, attraverso il confronto con esperti provenienti da diversi settori della società, in grado di darci speranza e strumenti utili ad affrontare con serenità quel momento che a molte e molti suscita un brivido dietro la schiena difficile da descrivere: il voto. Quei pochi secondi con la matita in mano che ci danno davvero la sensazione di poter partecipare alla vita pubblica, al nostro futuro.

 

Il programma completo lo trovate quiSi comincia martedì 9 aprile, alle ore 18:30, con il giornalista Ferdinando Cotugno – il Climatariano incontra Areale. Insieme faremo il punto sullo stato dei negoziati per il clima dopo la conferenza che si è tenuta a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, lo scorso dicembre. Capiremo di cosa c'è bisogno per migliorare la comunicazione delle Cop e come si può riformare l’intero sistema negoziale. Mi raccomando, segnatevi la data che non vedo l’ora di incontrarvi e conoscervi dopo quattro lunghissimi anni da quel lontano episodio 1.

Se pensi che quello che hai letto possa interessare altre persone, puoi condividere e far girare questa mail per far salire a bordo più persone.

 

Il Climatariano nasce dall'assunto che il decennio che stiamo vivendo è fondamentale e definirà il nostro futuro perché non ce ne sarà un altro a nostra disposizione per applicare le soluzioni (che già esistono). Nasce per offrire un punto di vista “metabolizzato” sulla crisi climatica. L’obiettivo è darti una panoramica selezionata, autorevole di quello che accade nel mondo.

 

Per dubbi e suggerimenti, rispondi a questa email. Io sono Tommaso Perrone, per continuare a seguirmi e a seguire un po’ di storie sul clima, questo è il mio account Instagram. Qui Linkedin.

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